Manon Garcia, nell’interrogazione di un orizzonte etico
TEMPI PRESENTI Per Einaudi il suo libro «Di cosa parliamo quando parliamo di consenso. Sesso e rapporti di potere». «Mi sembra importante chiedermi che cosa sia lo stupro, cosa sia un rapporto sessuale non consenziente prima di scoprire chi manderemo o no in prigione»
TEMPI PRESENTI Per Einaudi il suo libro «Di cosa parliamo quando parliamo di consenso. Sesso e rapporti di potere». «Mi sembra importante chiedermi che cosa sia lo stupro, cosa sia un rapporto sessuale non consenziente prima di scoprire chi manderemo o no in prigione»
Docente di filosofia pratica alla Freie Universität di Berlino, Manon Garcia ha scritto un libro che indaga la natura «semplice» del consenso, mettendolo in discussione e riuscendo a comporre una cartografia politica delle nostre esistenze. Per Einaudi, nella traduzione di Margherita Botto, esce Di cosa parliamo quando parliamo di consenso. Sesso e rapporti di potere (pp. 264, euro 17,50). Il testo, che in Francia ha di recente ricevuto «Le prix des encontres philosopiques de Monaco», richiama il precedente di Garcia che, analizzando la natura della sottomissione femminile, aveva fatto molto discutere, anche perché in Francia decidere di fare eco a Simone de Beauvoir è senza dubbio una scelta audace.
Con questo testo la filosofa francese riflette sull’ambiguità del consenso. Nell’analisi di Garcia il condizionale è d’obbligo: la sfumatura d’irrealtà propria al modo verbale mima la realtà di un consentire falsato che è modellato da quella cultura patriarcale che continua a organizzare la dominazione maschile a suo profitto, perpetuando un’autoalimentazione pericolosa e mortifera. La complessità del concetto di consenso, spiega l’autrice, ha la natura del problema filosofico e si accompagna alla nozione di violazione ma anche a quella di autonomia della volontà, di beauvoiriana memoria.
Prendendo le mosse dal tornante rivoluzionario che il movimento #MeToo ha disegnato, Manon Garcia si chiede se il consenso, anche quando apparentemente tale, non sollevi invece un problema legato a delle norme sociali che restano profondamente sessiste: si tratta di consenso quando le relazioni tra i sessi si basano su norme ancora profondamente diseguali? E inoltre: come stare al margine dei rapporti di dominio che falsano quello che ci sembra consensuale? E soprattutto, per una pars construens: come imparare l’alfabeto per delle nuove conversazioni erotiche?
Senza mai abbandonarsi a soluzioni spicciole il testo di Garcia promuove uno speciale «orizzonte etico» in cui prende atto una conversazione che tenga conto dei desideri di ciascuno e ciascuna nel rispetto di quelli dell’altro e dell’altra, partendo da un dialogo rinnovato in cui le voci imparano a parlare e ascoltare il desiderio.
Può provare a darci una definizione di cosa sia il consenso e di come stabilire le condizioni di un suo legittimo e valido esercizio?
Mi è difficile rispondere poiché lo scopo del mio libro è proprio dimostrare che il consenso è molto più difficile da definire di quanto si pensi normalmente e che la fissazione delle condizioni del suo esercizio non può essere fatta semplicemente e su un piano puramente giuridico. Una delle tesi centrali del mio libro è che è necessario interrogarsi, con la filosofia morale e politica, su cosa accade tra le persone prima e durante un rapporto sessuale prima di cercare di determinare, sul piano giuridico, quali siano le condizioni per il consenso da considerarsi dato e valido.
Quando riflettiamo con la filosofia su cosa siano il sesso e il consenso, comprendiamo, ad esempio, che il consenso non è qualcosa che viene dato una volta per tutte, ma piuttosto qualcosa che viene costantemente scambiato tra i partner.
Perché secondo lei l’idea filosofica di consenso è stata storicamente definita piuttosto nel concetto di «mancanza di consenso»? Perché è così difficile trovare degli studi filosofici che analizzino il consenso nella sua accezione amorosa e sessuale?
Come mostra lo storico Georges Vigarello, è estremamente recente l’interesse a ciò che le donne vogliono sessualmente poiché ciò presuppone di concepirle come persone e aventi diritto. Per molto tempo gli uomini hanno cercato solo di assicurarsi che le donne non venissero violentate per sincerarsi che non avrebbero lasciato il loro patrimonio a un bambino che non era il loro. Ecco perché, ad esempio, lo stupro delle prostitute non era considerato stupro: poiché le prostitute non erano mogli di nessuno, non c’era il rischio che i figli venissero erroneamente riconosciuti dai mariti.
Anche quando le donne cominciarono a essere considerate persone, ciò che contava soprattutto era la conservazione della loro purezza, della loro castità. Pertanto, si era interessati solo a ciò che dimostrava che le donne avevano effettivamente rifiutato il rapporto sessuale: ha lottato? Ha lasciato dei graffi, segni di colpi sull’uomo? È davvero molto recente l’attenzione a ciò che le donne vogliono e desiderano sul piano sessuale aldilà del garantire che la loro presunta purezza non sia stata violata.
Ancora oggi per molte persone il sesso è qualcosa che gli uomini fanno alle donne, che gli uomini ottengono a discapito delle donne. Dobbiamo uscire dallo schema dell’uomo-cacciatore e della donna-preda per poter cominciare a chiederci cosa sia, in positivo, acconsentire a una relazione sessuale.
Quali sono i limiti della sola considerazione del consenso della vittima dal punto di vista giuridico? Perché non basta per comprendere un caso di stupro?
Ci sono diversi limiti. Il primo è un limite legale: sappiamo che in Francia, Italia e Stati Uniti, gli uomini che hanno commesso uno stupro sono molto raramente processati e puniti per il loro crimine. Si stima che circa il 2-3% degli stupri commessi venga punito. È una percentuale ridicolmente bassa. E sappiamo anche che non tutti gli uomini sono puniti allo stesso modo: se sei un uomo bianco e ricco e/o la tua vittima è una donna povera, non bianca o una prostituta, i rischi di essere punito quando commetti uno stupro sono quasi nulli. Ciò si spiega in parte con la difficoltà di reperire prove ma soprattutto con il sessismo dell’istituzione giudiziaria.
Il secondo limite è legale e filosofico: cosa significa non volere un rapporto sessuale? È solo dire «no»? Significa ribellarsi? Significa non dire «sì»? Lo stesso caso può dare esito a un proscioglimento o a 20 anni di reclusione a seconda che si svolga in Italia o in Svezia per differenze nella definizione legale di consenso.
Perciò mi sembra importante chiedermi: «Che cos’è lo stupro?», «Cos’è un rapporto sessuale non consenziente?», «Cos’è un buon rapporto sessuale?», ancora prima di cercare di scoprire chi manderemo o non manderemo in prigione. L’urgenza non è mandare gli stupratori in carcere ma garantire che gli uomini (perché il 98% dei colpevoli di violenze sessuali, siano essi contro donne, uomini o bambini, sono uomini) smettano di stuprare.
Citando l’attivista femminista americana Gloria Steinem, lei parla di «erotizzare l’uguaglianza». In che modo il consenso sessuale può diventare conversazione erotica?
In effetti, penso che una delle questioni più spinose sia che concepiamo la violenza e il dominio, piuttosto che l’uguaglianza, come eminentemente eccitanti. Questo porta alcuni e alcune a sentire che le loro convinzioni politiche e il loro desiderio sono in contraddizione e soprattutto erotizza il non consenso (basti pensare a tutti i film in cui l’eroe ruba baci all’eroina contro la sua volontà). Le norme di genere della società invitano a concepire il sesso come una battaglia in cui l’opinione e il desiderio delle donne non contano. Io cerco di mostrare nel mio libro che il sesso è un’attività che può essere profondamente centrale nella nostra vita e profondamente appagante a condizione che sia intesa come un’attività tra partner, nel pieno senso del termine. Il sesso non consiste nel dare il meno possibile per ottenere il massimo in cambio, ma nel divertirsi l’uno con l’altro.
Mi sembra ad esempio che il modello della conversazione, in quanto richiede l’ascolto dell’altro, tenuto conto delle circostanze particolari in cui ciascuno si trova, sia particolarmente adatto a invitare questo tipo di scambio. E a comprenderlo e sentirlo come infinitamente più soddisfacente rispetto al modello di dominio offerto dal patriarcato e dal porno mainstream.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento