Volevano consegnare una «Lettera delle scuole occupate alle più alte cariche del nostro paese», gli studenti dei collettivi di diverse scuole superiori romane che sono stati attaccati dalla polizia in assetto antisommossa tra il Pantheon e Montecitorio.

In quella lettere, ci sono alcune delle rivendicazioni che hanno elaborato nel corso delle scorse settimane di occupazione e mobilitazione: educazione sessuale e all’affettività per una «scuola transfemminista», uno sportello psicologico «finalizzato a tutelare la salute mentale di tutte le persone che attraversano la scuola» e «una sezione sperimentale che preveda l’abolizione del voto numerico a favore di una valutazione costruttiva». Il corteo non autorizzato si è spostato dal Pantheon nel tentativo di raggiungere Palazzo Chigi; sono stati però bloccati dalle forze dell’ordine all’angolo tra piazza Montecitorio e via della Colonna Antonina. A quel punto sono arrivati i colpi di manganello, che bisogna dire non hanno intimorito i manifestanti: sono rimasti tranquilli e uniti per un po’ per poi accettare di indietreggiare. Risultano alcuni ragazzi identificati, si sta vagliando la loro posizione.

«Non si manganellano gli studenti che protestano – denuncia il capogruppo del Partito democratico alla commissione Lavoro della Camera Arturo Scotto – Con loro si parla, non si usa la violenza. È inaccettabile che questo accada nel 2023 e a pochi passi dal Parlamento. Il governo dia spiegazioni sul perché si usa la mano forte nei confronti di ragazzi minorenni». Il portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi Sinistra Angelo Bonelli parla di «deriva autoritaria». Che pericolo rappresentavano degli studenti, la maggioranza minorenni, che volevano solo far sentire la loro voce davanti al Parlamento? – chiede Bonelli – Studenti e studentesse, operai e operaie vengono mandati lontano per non disturbare. Il decreto sicurezza manda in carcere fino a sei anni chi blocca le strade perché protesta. Perché questa violenza gratuita? Meloni può venire in Parlamento a spiegarlo?».

La protesta di ieri arriva dopo diverse settimane di mobilitazione nelle scuole romane. All’inizio del mese erano state occupate in contemporanea nove scuole e nel giro di poco si contavano più di venti istituti in mobilitazione. «Chiediamo ascolto – si legge nel documento preparato dai ragazzi – affinché i tavoli richiesti vengano concessi, in modo tale da concretizzare le nostre rivendicazioni». E poi: «Il vostro tempo è finito, ora c’è il nostro». Parole che devono essere parse indigeste a chi ha scelto di governare in nome del ripristino dell’autorità e dell’ideologia neoliberale del merito.