Mancini-Sarri, una serata particolare
Diritti Davanti alle telecamere Rai l’insulto («frocio, finocchio») del mister del Napoli alla fine della partita di Coppa Italia. E non sono "cose da campo". Il tecnico napoletano chiede scusa a quello interista
Diritti Davanti alle telecamere Rai l’insulto («frocio, finocchio») del mister del Napoli alla fine della partita di Coppa Italia. E non sono "cose da campo". Il tecnico napoletano chiede scusa a quello interista
Una serata particolare. L’orgoglio di Roberto Mancini. Il suo, il nostro. E’ probabile che l’allenatore dell’Inter sia un ottimo tecnico, come calciatore è stato un fuoriclasse. Sicuramente è un essere umano meraviglioso. Chi lo sospettava adesso può esserne certo. Ieri sera ha vinto lui. Non ha battuto il Napoli, ha sconfitto l’omertà, l’indifferenza dolosa. Mancini ha spiegato: credere che l’omosessualità sia un insulto è una vergogna. Del suo collega ha detto: «Mi ha dato del frocio, del finocchio. Si deve vergognare».
E’ quello che ha fatto Maurizio Sarri e si deve vergognare. Mancini ha ragione, semplicemente. Una serata particolare: davanti alle telecamere della Rai un uomo che fa di mestiere l’allenatore cerca di costruire non un calcio, ma un’Italia migliore. E con le sue parole commuove, non c’entra (qualunque esso sia) l’ orientamento sessuale di chi le ascolta: è il coraggio civile che commuove. Perché l’ignoranza fa paura e il silenzio è uguale a morte.
Hanno chiesto a Sarri se davvero avesse offeso qualcuno in quel modo, se per lui davvero la parola omosessuale equivale a un insulto. Gli hanno anche chiesto perché ? Lui ci ha provato, ma non ha risposto. Ci aveva quasi convinto della sincerità delle sue scuse, poi si è ostinato a sottolineare che «certe cose dovrebbero rimanere in campo». E, pochi minuti dopo, la stessa linea veniva fedelmente seguita dal portiere del Napoli, Pepe Reina , una delle voci più ascoltate dai compagni e dai tifosi: «Cose da campo». No, non sono cose da campo. Lunga vita alle persone piene di difetti, evviva chi non giudica i vizi altrui, chi ha commesso e commetterà tanti errori e allora spera ci sia sempre qualcuno disposto a perdonare. Anche Sarri, il compagno, l’allenatore con la tuta blu (azzurra, va bene), l’uomo che ama leggere John Fante a Charles Bukowski, e lo racconta con il suo sorriso timido. Oltre a Fante e al suo immaginario “Compagno di Sbronze”, è possibile che l’allenatore del Napoli ami anche certi film meravigliosi, come “Una giornata particolare” di Ettore Scola. Martedì notte pensavamo a questo capolavoro e al suo impegno civile, ricordavamo alcune scene e tutto questo accadeva mentre scoprivamo della morte del regista. Ripensavamo al volto di Marcello Mastroianni anche pochi minuti dopo, ascoltando le parole di Mancini: «Sono orgoglioso di essere come sono». Qui sta il punto, la forza di certe denunce, il rispetto verso se stessi che deve portare al rispetto verso gli altri.
Perché di Sarri, nella serata di ieri, resterà poco, almeno è quello che ci auguriamo. Di quanto ha detto, di queste sue convinzioni già pubblicamente espresse due anni fa, al termine di una sfida tra Empoli e il Varese («Il calcio è diventato uno sport da froci»), il bravo allenatore del Napoli se la vedrà con se stesso. Crediamo che avrà l’onestà e la sensibilità per riflettere, che non voglia insistere su quel «sono cose da campo» o magari accodarsi a chi oggi insulta tutto e tutti su twitter parlando pure di un fantomatico progetto per destabilizzare il Napoli.
Quello che invece resterà di una serata particolare sono le parole di Roberto Mancini, il suo orgoglio di «essere come sono». Non importa se sia stato outing o no, non ci interessa l’orientamento sessuale di Mancini, qualunque esso sia. Ha fatto semplicemente un gesto che in Italia nessuno aveva mai avuto il coraggio di farlo. Prima di lui nessun allenatore aveva scelto di non parlare di un’importante vittoria, lanciando invece un messaggio di denuncia, civiltà e speranza.
Non importa se questo «sarà un nuovo colpo all’immagine del calcio italiano guidato da Carlo Tavecchio». Anzi è molto meglio così. Sarà un’occasione per crescere. Perché la spontaneità delle parole di Mancini dovrebbero servire a una battaglia contro la discriminazione. Questo ha fatto un allenatore, ha strappato un velo d’omertà. Poi ha detto che non aveva nessuna intenzione di parlare della partita o d’altro, si è scusato e se n’è andato. Perfetto. Capito cosa ha combinato? Ha detto pubblicamente: è una vergogna credere che l’omosessualità sia un insulto.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento