OperaLombardia in collaborazione con Magdeburg (Germania), Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia (Spagna) e la partecipazione della casa editrice Ricordi promuove, attraverso il bando «Opera Oggi», la produzione di nuove opere liriche contemporanee dando spazio, a livello europeo, ai giovani compositori e registi under 35. L’opera vincitrice, che ha saputo racchiudere al suo interno la complessità artistica del secolo presente, inedita sia da un punto di vista musicale sia librettistico, è Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse di Roberto Vetrano (compositore), Stefano Simone Pintor (regista-librettista) e Gregorio Zurla (scenografo). Direttore d’orchestra Jacopo Rivani. L’opera è caratterizza, oltre alla presenza di una componente video che completa in maniera contrappuntistica una scenografia minimalista, da una struttura anti-narrativa, funzionale ad accogliere e raccontare la figura più affascinante e misteriosa del 900, Ettore Majorana. Ne parliamo con il compositore Roberto Vetrano
Come nascono l’opera e l’idea di raccontare la scomparsa di Majorana attraverso un loop narrativo?
Leggendo il libro di Sciascia sulla scomparsa di Majorana sono rimasto affascinato, sin da subito, dalla figura dello scienziato e dalla sua vicenda come dal mistero della sua fine. Leggendo e cercando di capirne qualcosa in più, ho scoperto che sulla sua scomparsa esistono numerose ipotesi, dalle più verosimili e probabili alle più bizzarre e fantasiose: il rapimento da parte dei nazisti, il ritiro in un convento, il suicidio, la fuga in Argentina o che avesse deciso di vivere come un barbone e tante altre. Un groviglio d’ipotesi, insomma, dove una non escludeva necessariamente le altre o che queste, in alcuni casi, potessero coesistere. Riflettendo su questo, ho subito immaginato che potesse essere un soggetto interessante per un’opera lirica. Un’opera che non racconti la sua vicenda biografica né che abbia il pretesto di raccontare la vera scomparsa, ma che fosse la cronaca di alcune ipotesi sulla sua fine; utilizzando una narrazione non lineare, un loop narrativo in questo caso.
A distanza di mesi sono venuto a conoscenza del bando Opera oggi e ho proposto il soggetto a Stefano Simone Pintor (il librettista e regista), che fin da subito ha accolto la mia idea con entusiasmo. Così abbiamo iniziato a lavorare sviluppando una prima bozza con l’aiuto di Gregorio Zurla (scenografo e costumista).
Tra i temi trattati emerge la responsabilità che il progresso scientifico ha verso la storia e l’umanità; come avete costruito e messo in rapporto questo tema con la scomparsa del fisico?
Tra le ipotesi avanzate sulla scomparsa di Majorana vi è quella che sostiene che il fisico catanese avesse deciso di sottrarsi al mondo scientifico, consapevole delle conseguenze e delle responsabilità a cui sarebbe andato incontro (temi trattati anche nel libro di Sciascia La scomparsa di Majorana). Ricordiamo, infatti, che Majorana aveva lavorato con il fisico Heisenberg durante i soggiorni nella Germania nazista e che il suo collega di via Panisperna, Enrico Fermi, fu a capo del progetto «Manatthan» che portò alla costruzione della bomba atomica.
Nel raccontare e mettere in scena il conflitto esistenziale che Majorana viveva, abbiamo costruito un percorso, all’interno dell’opera, nel quale ritorna ciclicamente e si sviluppa il tema legato al progresso e alle implicazioni etiche e morali che le ricerche scientifiche comportano.
Majorana vive e diviene gradualmente consapevole di questo conflitto, peso enorme: l’incontro con il barbone «l’omu cani» che gli offre la sua identità e la possibilità di fuggire dalle sue responsabilità, il rapimento da parte dei nazisti, l’interrogatorio e l’inquisizione da parte del mondo scientifico, rappresentato in scena dal coro nelle vesti dei fisici suoi colleghi, che, al contrario, lo costringono nel continuare il suo lavoro e a pubblicare le sue ricerche scientifiche. L’apice di questo percorso si può individuare forse nell’abiura di Majorana, momento intimo e nello stesso tempo drammatico in cui il fisico si adegua al dictact del mondo accademico, rinunciando di conseguenza a tutti i suoi scritti che verranno consegnati in custodia alla sua studentessa Gilda Senatore.
Come si traduce in musica tutto questo? E com’è stato il lavoro con il librettista?
Ho avuto modo di lavorare gomito a gomito con il librettista già in fase di stesura del testo, iniziando ad immaginare sin da subito il mondo sonoro e gli sviluppi musicali su cui avrei lavorato. Molto spesso ho chiesto Stefano di sviluppare in una certa direzione la scrittura del testo che mi proponeva, in maniera tale che la drammaturgia e i singoli versi potessero divenire sin da subito terreno fertile per la musica che stavo immaginando.
In ognuna delle variabili, delle ipotesi della scomparsa di Majorana, ho cercato di costruire un mondo sonoro ben definito, utilizzando anche linguaggi musicali lontani tra loro. Un esempio esplicativo di tale commistione può essere rappresentato dal coro dei frati (presente nella VI Scena, nell’ipotesi del ritiro in convento), dove vi è per osmosi la trasformazione di una preghiera recitata in latino, in una formula matematica. Dal punto di vista musicale vi è una crasi sonora tra un canto gregoriano e la graduale frammentazione della parola e del suono sino a sfociare in un caos sonoro ben distante dal punto di partenza. In questo caso avevo bene in mente il percorso sonoro su cui mi interessava lavorare e ho chiesto al librettista di costruire il testo in modo tale che potesse divenire musica, così come la stavo immaginando.
Quali sono gli elementi che caratterizzano maggiormente la tua musica? E cosa pensi a proposito del percorso intrapreso dalla musica contemporanea?
Le influenze e i riferimenti musicali nella mia musica sono molteplici. In generale credo si possano definire dalla somma di tutto ciò che ho ascoltato e che mi ha appassionato: dalla musica polifonica rinascimentale fino all’elettronica degli ultimi anni, passando dalla musica jazz e per la musica contemporanea. Il mio percorso di studi, inoltre, mi ha portato a conoscere e a studiare con alcuni dei compositori più importanti della scena internazionale contemporanea. Questi hanno influenzato la mia scrittura, divenendo in alcuni casi punto di riferimento. È importante però essere sempre consapevoli e attenti a non diventare l’epigono di nessuno, cercando la propria strada senza imitare i maestri e soprattutto senza preoccuparsi delle mode del momento.
La musica contemporanea oggi è più viva che mai. In Italia avverto un miglioramento negli ultimi anni. Credo però che ci sia ancora tanto lavoro da fare per la formazione del pubblico. Molto spesso, infatti, chi si occupa della programmazione artistica di festival e Stagioni musicali, si preoccupa che il pubblico difficilmente riesca ad apprezzare le ultime esperienze musicali; i fatti però dimostrano il contrario. Penso che il pubblico sia molto curioso e pronto alla musica contemporanea, più di quello che non si creda.