Mai far avverare fantasie mostruose: un percorso di letture per ragazzi
Letture young Una serie di alleanze strette da ragazzini per il bene e anche per il male
Letture young Una serie di alleanze strette da ragazzini per il bene e anche per il male
Ogni viaggio in mare porta con sé una buona dose di ignoto. E può capitare di partire e invertire la rotta della propria vita finendo al centro di una rocambolesca fuga che supera ogni dimensione temporale. La memoria di una intera popolazione, racchiusa in un oggetto simbolico come il pugnale di Serendib, è a rischio sparizione per l’avidità di un equipaggio che nasconde due malfattori fra i marinai. Potrebbero farla franca se non fosse che una tempesta cambierà il corso del «furto programmato» di quel prezioso reperto.
Nizrana Farook, scrittrice nata e cresciuta a Colombo nello Ski Lanka (ora vive nello Hertfordshire nel Regno Unito), che avevamo già conosciuto con La ragazza che rubò un elefante è tornata nelle librerie italiane grazie al lavoro di Emonsraga!, con un libro da sfogliare e, come sempre, anche da ascoltare inquadrando il Qr. Questa volta a tessere la trama è Il ragazzo che incontrò la balena («dopo aver scritto degli elefanti, che sono i più grandi animali terrestri, ho pensato all’oceano e al suo più imponente abitante, così è nata Maalu la balenottera azzurra: ho vissuto in riva al mare per tutta la vita fino a quando non mi sono trasferita in Inghilterra e quel paesaggio mi è sembrato un ottimo posto in cui tornare attraverso il mio libro», ha affermato l’autrice). Sheng, Razi e Shifa sono alle prese con l’avventura più pericolosa delle loro giovani vite ma hanno una natura «amica» dalla loro parte, oltre che a un’energia combattiva fuori dal comune. Ricordando storie di bucanieri e fuorilegge, un po’ Salgari e un po’ estrema frontiera dell’ovest, il romanzo di Farook (trad. Rachele Salerno, pp. 208, euro 14) è in realtà un lussureggiante canto d’amore alla natura e alle creature del mare – dalle balene alle tartarughe fino ai coralli – nonostante i frenetici colpi di scena da action movie possano ingannare inducendo chi legge a seguire solo quelli. Ma basterà concentrarsi per vedere luccicare al sole il dorso di Maalou in mezzo alle sue sorelle marine.
A guidare la brillante penna dell’autrice, attrice, sceneggiatrice e regista inglese Emerald Fennell (sua la serie Killing Eve ed era lei nei panni di per Camilla Parker-Bowles nella terza e quarta stagione di The Crown) non c’è nessun intento di domare le fantasie dark degli adolescenti, ma al contrario il desiderio (spesso indicibile di fronte ai rappresentanti degli adulti) d’immersione totale in un immaginario macabro che, non di rado, accompagna la loro crescita.
Già il titolo del suo ultimo romanzo sgombera il campo da tentazioni edulcoranti. Nessun happy end preconfezionato e solo sconcertanti e criminali orizzonti: Mostri (Fandango, pp. 176, euro 16 euro, traduzione di Manuela Salvi) già nell’incipit vede la protagonista, appena dodicenne, dichiarare la morte in barca dei suoi genitori uccisi da un’elica e indossare magliette dove la bella Maria Antonietta non sta a Versailles in festa ma sotto la ghigliottina. Le sue vacanze in Cornovaglia, presso l’albergo gestito dai suoi zii, si preannunciano noiose fino a quando non arriva a occupare una stanza, con la sua appiccicosa e soffocante madre, Miles, adolescente tenebroso, solitario, fissato con gli assassini e i casi irrisolti. E gli omicidi arrivano. «Io e Miles abbiamo fatto centinaia di liste. Soprattutto di sospetti, ma il nostro interesse principale è chi sarà la prossima vittima». I due studiano le persone, le loro abitudini, parlano fitto per cercare di conoscersi, si scoprono un po’ alla volta, tirano le loro avventure all’estremo, frugano nei segreti del villaggio, arrivano a capire cose terrificanti. Fino al salto oltre il confine da non superare, che li investirà non lasciandoli innocenti. L’estate allora virerà in una irreversibile caduta all’inferno, rendendo reali le fantasie più agghiaccianti, come in una fiaba nerissima. O in un fumetto splatter.
Ma forse tutto è un incubo e niente è mai accaduto, la letteratura resta pur sempre una sontuosa regina nell’inventare mondi paralleli. A chi legge non resta che sperare che sia stato solo un crudele sogno dei protagonisti. Basterà attendere la prossima estate.
«A scuola (l’educazione fisica) non mi piace affatto. Ho solo fifa prima di ogni ora di ginnastica, perché a scuola la ginnastica non è pensata per fare esercizio, ma per tormentare i bambini grassi e goffi. E io sono l’uno e l’altro». Helena (Helenka) è una bambina dell’Europa dell’est anni Settanta, alle prese con un’infanzia da lasciarsi alle spalle, un corpo ingombrante, gli sfottò dei compagni di classe per la sua famiglia allargata e fuori schema, con tanto di madre attrice spesso immusonita perché non le vengono assegnate degne parti teatrali.
Fiero siatù della scrittrice ceca Irena Dousková (Keller, pp. 232, euro 17. trad. Raffaella Belletti) è un romanzo dall’andamento comico sebbene a volte affronti temi come la morte e le persecuzioni politiche. È una sorta di auto-fiction in forma di diario ingenuo e riflessivo allo stesso tempo – anche l’autrice è figlia di attori e ha condiviso alcune esperienze del suo personaggio principale – che, attraverso le piccole vicende quotidiane, raccontate dalla voce narrante della spigliata protagonista, entra nella grande Storia, ricapitolando a tratti Unione sovietica, vizi e virtù dei comunisti, biografie di partigiani (da rintracciare, in modo assai bizzarro, in campagne di scavi che disseppelliscono ossa), popolandosi di apparizioni di giostrai nomadi, polmoni viscidi per pranzo, lumache da cacciare e vendere e visite di ricchi zii da Praga.
Il libro è ormai un classico ceco, con diversi adattamenti teatrali e in tv. In fondo, Helenka può essere annoverata in quella folta schiera di bambine (come Pippi Calzelunghe e molte sue «sorelle» di scrittura) che viaggiano nel tempo della vita alla ricerca di un senso che non sia quello preordinato da altri per loro, ma una scoperta autonoma. In lei, stupore, vivacità di racconto e malinconie si mescolano alle voci degli adulti, spesso ondeggianti e smarriti nelle complesse trame esistenziali che li riguardano.
Clara e Dafne, due avventure horror
«Nel villaggio in cui sono nata, vedevo le lapidi dalla finestra della mia camera da letto. Era bellissimo, soprattutto nelle notti di luna piena». Dice così Clara, adolescente destinata a vivere sempre costeggiando i cimiteri perché i suoi genitori li considerano luoghi tranquilli, parchi verdi che non inquietano se non nelle leggende. Lei non ne è così sicura ma segue la sua famiglia nei vari trasferimenti di casa. Fino a quando, non succede qualcosa di sconvolgente che la costringe a rivedere tutta la teoria della città dei vivi separata da quella dei morti. Per la nuova collana Fifa blu della casa editrice Biancoenero esce il racconto horror Non aver paura dei cimiteri della canadese François Gravel, con le illustrazioni di Julie Massy (trad. Giovanni Abba, pp. 96, euro 14). Una piccola fiammella attirerà Clara per un incontro sovrannaturale con una ragazzina di dodici anni affogata nel lago. Chiede aiuto perché la sua anima è rimasta intrappolata. Liberarla, però, non sarà un’impresa a rischio zero.
Nella stessa serie e sempre dal Canada troviamo la storia hitchcockiana degli Uccelli del malaugurio di Jocelyn Boisvert (trad. Flavio Sorrentino). Daphne sta raggiungendo con i genitori il campeggio quando il viaggio viene interrotto da uno schianto di un volatile sul parabrezza. È solo l’inizio. La guerra fra uccelli impazziti e umani, insieme a un cielo minaccioso e tuonante, trasformerà nel peggior incubo mai vissuto quel pallido principio di vacanze di famiglia.
«Catalogo degli animali inestimabili»
Katherine Rundell («La ragazza dei lupi», premio Andersen) ha trascorso l’infanzia fra Africa ed Europa. È nata così la sua passione per gli animali. Il suo «abbecedario» dei non umani è un inno allo stupore che mixa immaginario, letteratura e scienza. «Catalogo degli animali inestimabili» (Utet, pp. 240, euro 25, con le magnifiche illustrazioni di Tanya Baldwin, trad. di Chiara Baffa) narra di Dante Gabriele Rossetti e del suo giardino «ménagerie» che comprendeva anche il vombato, oppure delle leggende sugli orsi: il poeta del ’500 John Donne diceva che mamma-orsa mordeva il grumo di carne che era suo figlio per dargli forma. Poi c’è il mitologico squalo della Groenlandia e quella giraffa che nel 1487 Lorenzo de’ Medici portò a Firenze con un impermeabile decorato da gigli. Infine, il lupo, pregiudizialmente famelico, associato in tempi antichi alla malattia che tutto mangia, come il cancro.
«Ti aspetterò» di Makiko Toyofuku
La parola giapponese «wasuremono» indica le cose che si dimenticano e in sé custodisce il germe dell’attesa, della ricerca di quell’oggetto «sparito dal cuore» che si rivuole conquistare ai propri affetti. Presenta così la scrittrice Laura Imai Messina (vive tra la capitale e Kamakura e insegna a Tokyo) la delicata storia da lei scelta e tradotta della pecorella smarrita che ci consegna l’autrice e illustratrice Makiko Toyofuku (qui all’esordio negli albi per l’infanzia): «Ti aspetterò» (Mondadori, pp. 40, euro 16) racconta la malinconia di un pupazzo di una pecorella che la bambina ha scordato su una panchina del parco. Ma il legame resta forte e lei resisterà a gatti, corvi e a una notte piovosa pur di farsi ritrovare da Mina, la sua padrona. Che infatti, ai primi chiarori mattutini, arriverà
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento