I suoni della terra all’alba (tempo sospeso, incanto, attesa, isolati cinguettii di uccelli, suoni sintetici di sommesse percussioni), i suoni dell’acqua (forti, in crescendo, come un torrente fragoroso), i suoni della Casetta di Composizione dove Gustav Mahler soggiornò nelle sue ultime estati a Dobbiaco in Val Pusteria, i suoni dell’«attorno» (campanacci, animali, attività di persone che trattano cataste di legname), i suoni immaginati della mente di Mahler che progetta e scrive Das Lied von der Erde (la sua ultima opera). Questo si ascolta in Mahler (in/a) Cage. Casetta di Composizione in un cd della Gruenrekorder. Un lavoro di Sergio Armaroli con la collaborazione di un ingegnere del suono che si chiama Alessandro Camnasio. Durante tre giorni dell’agosto 2020 a Dobbiaco e dintorni potenti microfoni hanno catturato i suoni di un paesaggio «dove la presenza di Mahler si può ancora percepire se lo si desidera» dice Armaroli. I suoni naturali sono stati scelti e filtrati eliminando quelli del traffico di automobili e sono stati aggiunti suoni sintetici. Assieme al compositore e all’ingegnere operò in quei giorni il compianto Roberto Masotti per una sessione fotografica di cui nel booklet del cd vengono riprodotti alcuni estratti. «Come definire quest’opera? Un particolarissimo poema sinfonico? Un esempio tutto tecnologico di musica descrittiva?» «Non descrittiva ma ontologica, casomai» risponde Armaroli. «Non voglio descrivere il paesaggio ma i suoni che hanno ispirato Mahler, è come stare dentro la testa di Mahler e nel suo sistema nervoso». «Ci sono i suoni del paesaggio e suoni sintetici, c’è anche qualcosa di quella sinfonia anomala (per due voci e orchestra) che è Das Lied von der Erde?» «C’è un’eco delle scale pentatoniche e del campo sonoro modale che Mahler usava in quel periodo dei primi anni del Novecento. Nella parte finale che si ispira alla conclusione di Das Lied von der Erde si richiama la melodia infinita mahleriana». «E John Cage come entra in gioco?» «Il riferimento è alle Sculptures Musicales ideate nel 1989 e destinate a organici variabili in cui i suoni provengono da molti lati e formano appunto sculture sonore». «Si può ipotizzare un collegamento alle esperienze di musique concrète?» «No, per Pierre Schaeffer i suoni dell’ambiente o di corpi meccanici come un treno sono un punto di partenza per arrivare alla musica. A me questo lavoro, questo Mahler (in/a) Cage, serve come via di fuga dalla musica». «Una via di fuga?» «Con Cage – ecco come entra in gioco – la musica si può dire conclusa. Occorre uscire dalla musica e andare verso il paesaggio, verso un nuovo rapporto con i suoni».