Visioni

«Magish», cavalcate rock nello spazio siderale

«Magish», cavalcate rock nello spazio sideraleG-Delic

Note sparse Il progetto strumentale G-Delic alias Gasbriele Tosti insieme a Gavin Griffiths

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 4 maggio 2022

Il mistero, il sogno e il viaggio. Sono i tre ingredienti principali nelle ampolle e negli alambicchi di G-delic alias Gabriele Tosti, sciamano, compositore, strumentista e producer originario di Roma ma trapiantato da anni a Londra. Magish, la sua ultima fatica, lo impone definitivamente come una delle voci più autorevoli della vasta e proteiforme galassia di quello che per semplice comodità chiameremo space rock. G-delic ha una lunga storia musicale dietro (e davanti) a sé. Non sono solo le otto tracce strumentali di questo album – interamente composto e suonato da lui e masterizzato con il chitarrista e producer Gavin «Gav Ullulator» Griffiths (Ozric Tentacles, The Ullulators) nel suo studio nel rurale Somerset (sospettiamo con l’aiuto di qualche elfo birichino) – a dimostrarlo, ma anche l’esperienza come bassista dei Thunderdogs, della band Circus Archaos, i pionieri dell’alternative circus fondato da Pierre Bidon alla fine degli anni Ottanta. Gabriele è stato anche leader e fondatore di un altro combo specializzato in viaggi interplanetari, i londinesi Dream Machine, con i quali ha pubblicato tre album.

NATO NELLA CLAUSTRALE ma fertile parentesi forzata del lockdown, Magish è un tributo, un atto d’amore al rock psichedelico e alle sue molteplici declinazioni. Tosti abita questo linguaggio con una naturalezza e maestria che ne tradiscono l’apprendistato: il canone Gong/Ozric Tentacles (il loro flautista, Jon Egan, fa parte dei Dream Machine, Daevid Allen era un caro amico di famiglia), ma anche capiscuola del prog italiano come i Goblin e i Pink Floyd post-Barrett. A colpire, in queste dilatate e vaporose cavalcate nello spazio siderale (la lunghezza da 33 giri rende la pubblicazione su vinile quanto mai auspicabile), è l’assoluta assenza di manierismo.

Gli stilemi sono quelli di un madrelingua, uno che parla quest’idioma musicale, per così dire, senza accento: Magish è un piccolo classico dove spiccano, oltre alle doti di bassista, chitarrista e tastierista, una tersa economia – non c’è una singola nota in eccesso, nessun’autoreferenzialità – e le idee musicali fluiscono come un tranquillo fiume sonoro. Pozioni celtiche, fantascienza, ascendenze extraeuropee trovano il loro difficile equilibrio nel tessuto musicale di questo morbido tappeto, sonoro ma soprattutto volante. Buon volo.

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