Maggio 2019. Ci sarà ancora la Ue?
In Italia sarà domenica 26 maggio 2019. Ma si comincerà a votare per il nuovo Parlamento europeo dal 23. Così proporrà il Consiglio europeo e così ratificherà l’aula di Bruxelles. […]
In Italia sarà domenica 26 maggio 2019. Ma si comincerà a votare per il nuovo Parlamento europeo dal 23. Così proporrà il Consiglio europeo e così ratificherà l’aula di Bruxelles. […]
In Italia sarà domenica 26 maggio 2019. Ma si comincerà a votare per il nuovo Parlamento europeo dal 23. Così proporrà il Consiglio europeo e così ratificherà l’aula di Bruxelles. Un’aula, quella che si riunisce tra Bruxelles e Strasburgo, che dopo potrebbe essere irriconoscibile rispetto a quella di oggi. Le varie elezioni nazionali hanno messo in mostra una destrutturazione dei vecchi sistemi politici. E i pezzi del puzzle potrebbero ricomporsi a livello europeo in una forma del tutto nuova, mai vista.
Di sicuro non ci saranno gli inglesi: questo peserà a danno dei socialisti e metterà in crisi il gruppo riformisti conservatori alimentato dai tories.
Il ciclone Macron proverà a fare come in Francia spazzando via ciò che c’era mettendo en marche anche l’Europa.In realtà in Francia Macron ha anche molto riciclato il vecchio e probabilmente si appresta a farlo anche in Europa con l’ambizione di scalare le posizioni nella classifica dei gruppi. Altro colpo per i socialisti. Problemi anche per verdi e liberali. “Opportunità” e dover scegliere per Pd e 5 Stelle. I Paesi di Visegrad, l’alleanza di destra che viene dall’Est, proveranno a contare molto di più. Se si guarda a voti come quello della Repubblica Ceca con un miliardario comunicatore arrivato primo e capace di smontare i vecchi partiti si può pensare che anche quest’area mixerà vecchio e nuovo.
Il Nord Europa è anch’esso scosso da venti come si è visto col voto olandese anche se mostra maggiore stabilità sia pure assai euro scettica.
La Germania arriverà, forse, con una grande coalizione diventata piccola. Con la destra dell’Afd che minaccia di superare l’Spd in crisi verticale. Con un dibattito sull’uscita dall’Euro alimentato da destra. Cercherà di rimanere il perno della “instabile stabilità” di questi anni ma ora il pendolo sta sulla instabilità.
Dal Sud arriva la Grecia di Tsipras che ancora tiene il timone nonostante le tempeste. Il Portogallo di un buon, e unico, governo socialista appoggiato dalle sinistre. E la Spagna del conflitto catalano che Rajoy “usa” per coprire gli scandali e la crisi del sistema politico mai veramente liberato dal franchismo.
La governance del pilota automatico ha “tirato a campare”. Contando sulla “forza” di un impianto che appare arcigno.
È quello dell’Europa reale, della Ue dei trattati liberisti, delle pratiche ademocratiche, dell’austerità. Che pendola tra Troika e intergovernativismo. In questi anni ha provato a proporre un’autoriforma in continuità con i documenti dei vari Presidenti, e sempre intorno a logiche quali il ministro delle finanze europeo super gestore dell’austerità.
Ma il vero cambiamento sarà affidato ai rapporti di forza. Se le campagne elettorali saranno probabilmente impostate sullo “scontro” “europeisti” contro “sovranisti” si può ragionevolmente pensare che invece il nuovo asse di comando potrebbe essere realizzato tra le due destre. Quella liberista e quella sovranista. Terreno di compromesso la geopolitica e la guerra ai migranti. La geopolitica che chiede alla Ue di far fronte alla fase della “globalizzazione nazionalista” messa in scena da Trump, da Putin, da Erdogan e compagnia bella.
La Ue diventerebbe una super nazione tra le altre.
Certo questa strada ha molte contraddizioni interne a partire dalla Brexit e dall’odio amore Germania-Francia. Ma Macron, se si guarda alla sostanza, persegue questa ipotesi.Su cui si può ben incontrare, per stare all’Italia uscita dal 4 marzo, con Di Maio ma in fondo anche con Salvini.
Appunto, l’Italia. Come arriverà a questo appuntamento? In realtà la questione Europa pesa già nella formazione del nuovo governo. Ma le elezioni saranno in una fase già nuova. Sarà bene cominciare a pensarci. Nelle ultime elezioni europee la sinistra ha proposto la novità di una lista che chiamava direttamente alla battaglia per liberare l’Europa. Purtroppo questa battaglia, fondativa di una nuova fase storica, non ha fatto passi in avanti. Né come lotte. Né come mobilitazione intellettuale. Ma resta fondamentale.
Le sinistre radicali europee nel crollo socialista sono un punto di tenuta. Ma l’aspirazione a liberare l’Europa deve avere un nuovo slancio. Centrali sono due temi. Il ricostruire la democrazia che questa Ue nega. Il secondo è il rapporto con i migranti come questione chiave del capitalismo e della civiltà contemporanei.
Per muoversi in questa direzione è evidente che occorre una rottura dell ’attuale costruzione. L’Europa che serve non è la Ue ma una nuova comunità democratica tutta da conquistare.
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