Madrid torna a puntare sul mattone
Skyline La capitale spagnola si appresta alla più grande operazione urbanistica d’Europa, con il beneplacito pressoché unanime dei partiti politici sul «nuovo cemento». Eppure, dopo lo scoppio della bolla immobiliare del 2011, era enorme il numero di case rimaste vuote e invendute
Skyline La capitale spagnola si appresta alla più grande operazione urbanistica d’Europa, con il beneplacito pressoché unanime dei partiti politici sul «nuovo cemento». Eppure, dopo lo scoppio della bolla immobiliare del 2011, era enorme il numero di case rimaste vuote e invendute
Nella periferia sud-est di Madrid, all’estremità del quartiere di Vicálvaro e vicino Vallecas, si trova una collina chiamata cerro Almodóvar. Questo luogo di grande interesse paleontologico permette di spaziare con la vista sulla città e sulle montagne della Sierra de Guadarrama, con vette che sfiorano i 2500 metri. Da quassù si apprezza bene il punto in cui finisce la città: i palazzoni di Vicálvaro sono gli ultimi prima delle aree non costruite. Da qui in poi ci sono solo distese di terra arida, gessosa. A Madrid sta per arrivare però una nuova ondata di cemento che la cambierà nei prossimi 25 anni e la vista dalla cima di questa collina, in futuro inglobata nella metropoli, cambierà presto.
Dalle aree del sud-est della capitale fino a quelle del nord, tutto è pronto ormai per una nuova fase di grandi sviluppi urbanistici. Sono progetti di molti anni fa, risalgono agli anni ’90. Bloccati dalla grave crisi esplosa nel 2008, da disaccordi politici e nei tribunali, entrano proprio in questo 2021 in una fase attuativa. Solo nell’area sud-est sono previsti circa quattromila ettari di nuovi quartieri e in totale sono previste 150mila nuove case. Sono numeri che ne fanno, in questo momento storico, la più grande operazione urbanistica d’Europa.
LA SPAGNA TORNA quindi – almeno a Madrid – a puntare sul mattone come aveva già fatto in passato. Fra gli anni ’90 e Duemila, va ricordato, il paese venne ricoperto di cemento, con centinaia di migliaia di ettari edificati. Ancora oggi sono visibili le cicatrici di quel periodo di esplosione urbanistica senza precedenti. Da una parte nuovi quartieri e nuove urbanizzazioni sorte come funghi, con un consumo di suolo record, dall’altra tanti quartieri fantasma con strade già asfaltate, rotonde e lampioni, ma senza palazzi. Oggi sono ancora lì, abbandonati.
Madrid, capitale di un paese che ha puntato tantissimo sul mattone e che ha sofferto poi in modo straordinario per lo scoppio della bolla immobiliare, diventa oggi il fulcro di un nuovo boom urbanistico. Servono tutte queste case? I critici, soprattutto associazioni ecologiste o per il diritto alla casa denunciano che si tratta di un nuovo pelotazo, termine con cui in spagnolo si indica la speculazione immobiliare. In sostanza, trasformazione in «miniere d’oro» di terreni un tempo non edificati, o non edificabili. Le stesse voci critiche ricordano anche che molti scandali di corruzione in Spagna sono sorti proprio in campo edilizio.
Chi metterà le «mani sulla città»? Ristretta è la cerchia di grosse imprese, o entità finanziarie proprietarie dei terreni. Ancora una volta giocano un ruolo determinante le banche, come nel recente passato.
Fra i partiti politici, a parte qualche sfumatura – timida – nella sinistra, l’accordo sul nuovo cemento a Madrid è stato pressoché unanime. Sono rimasti marginali i ragionamenti su quale sia la reale necessità di ampliare la metropoli e si è dibattuto di più sul come (maggior sostenibilità, più verde). Dopo lo scoppio della bolla immobiliare, nel 2011, era enorme il numero di case nuove rimaste vuote, invendute.
IL CIRCOLO VIZIOSO ed infernale generato dai mutui troppo generosi concessi dalle banche negli anni Duemila, ha portato al dramma degli sfratti, che ha coinvolto decine di migliaia di persone: una pagina oscura della recente storia spagnola. Molte di quelle case sarebbero poi rimaste ancora a lungo vuote, rivendute a fondos buitre (fondi avvoltoio). Negli ultimi anni è emerso poi con forza il problema delle aree rurali lasciate a sé stesse, sempre più spopolate (la España vaciada che si sposta verso le città). Il nuovo fiume di cemento sulla capitale spagnola lascia nell’aria tutti questi temi. Troppo sostanziosa evidentemente la fetta di torta in gioco.
MA COME CAMBIERÀ Madrid nei prossimi anni? La trasformazione del sud-est sarà impressionante: qui sono in progetto i quartieri più vasti. Valdecarros, Los Berrocales, Los Ahijones, sono alcuni dei nuovi quartieri che nasceranno. Oggi sono solo aree disabitate ma nei prossimi anni si riempiranno di gru e case in costruzione. Questi quartieri arriveranno a sfiorare la Cañada Real, vasta area di insediamenti abusivi dove si concentra una forte povertà, altro problema irrisolto da tempo e che mette ulteriormente in luce le contraddizioni di questo modello urbanistico basato sulla continua crescita. Continuando a crescere verso l’esterno Madrid si avvicinerà poi ancor di più alle grandi città vicine, come Móstoles, Fuenlabrada, Leganés, Rivas Vaciamadrid. Enorme l’area costruita che si formerà. Proprio in quest’area il Parco del fiume Manzanarre vedrà ridursi i suoi spazi di distanza dalla città.
ALTRA AREA che si trasformerà enormemente è quella situata al nord della stazione ferroviaria di Chamartín, dove sorgerà il nuovo distretto «Madrid Nuevo Norte». Verranno aggiunti quasi 6 km di nuovi quartieri lungo la ferrovia, in un’area di oltre trecento ettari. Sorgeranno nuovi grattacieli e verrà prolungato il Paseo de la Castellana, il grande viale che dal centro raggiunge il nord, passando per lo stadio Bernabeu. Intorno a questo mega-progetto urbanistico da decenni l’attenzione e le ambizioni sono alte perché porterà ad un allargamento del «distretto finanziario» madrileno. Le cifre in movimento intorno a questo progetto sono enormi, dell’ordine di miliardi di euro.
SI INIZIÒ A PARLARE della «Operación Chamartín» (oggi il nome è mutato in «Madrid Nuovo Nord») già negli anni ’90. La macro-operazione passa per la vendita – le voci critiche parlano di «svendita» – dei terreni di proprietà di Adif (società statale di gestione delle infrastrutture ferroviarie) a un consorzio nel quale si trova la banca spagnola Bbva. Ancora una volta si è messo in moto un circuito già noto in Spagna. Il disco verde definitivo è arrivato in questi ultimi mesi. Per chi da anni si batte contro questa operazione non è altro che l’ennesima speculazione immobiliare su larga scala, portata avanti dagli stessi attori entrati in gioco nella precedente crisi e con una sottomissione praticamente totale dei partiti.
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