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Made in Italy al servizio della cybersecurity

hackerIllustrazione – Costanza Fraia

Hacker's Dictionary Si moltiplicano le aziende innovative italiane nel campo della sicurezza informatica, ma per beneficiarne in patria c’è bisogno anche dello Stato

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 21 gennaio 2021

Ettore Rosato, coordinatore di Italia Viva, ha dichiarato che la Fondazione sulla cybersecurity era uno sfizio di Conte, una cosa che serve poco all’Italia. I fatti sembrano smentirlo.

Sia in una prospettiva di sicurezza tout court che di sovranità tecnologica, sia per far decollare le nostre startup di cybersecurity che altrimenti i capitali devono cercarseli all’estero, che per sostenere un circuito dell’innovazione virtuoso con ricadute su tutto il comparto tecnologico nazionale.

È italiana ad esempio l’azienda ASC27 che ha sviluppato le telecamere intelligenti per prevenire gli assembramenti davanti ai bar e nelle piazze e combattere la diffusione dei contagi da Coronavirus.

Nata durante il lockdown di aprile e Guidata da Nicola Grandis, l’azienda usa l’Intelligenza Artificiale per difendere gli asset informatici delle imprese, proteggere la proprietà intellettuale dei suoi clienti e capire quali contenuti editoriali e giornalistici possono avere maggior successo in rete. Messagenius è un’altra startup italiana che si occupa di sicurezza.

Ha realizzato una soluzione di messaggistica istantanea per le comunicazioni sicure tra colleghi dentro le imprese in settori altamente regolamentati e di rilevanza strategica quali trasporti, energia, telecomunicazioni, finanza, sanità, difesa e Pubblica Amministrazione.

Il suo sistema offre tutte le funzionalità della messaggistica istantanea, dai messaggi testuali e vocali fino a video e foto, “con una semplicità d’uso pari a quella di WhatsApp ma senza compromessi su compliance, proprietà dei dati e produttività”.
Nata da un’idea di Simone Giacco e Luigi Fidelio grazie ai capitali del fondo londinese Symvan Capital e Marco Bicocchi Pichi, già Presidente di Italia Startup, Messagenius è stata premiata dagli operatori telefonici di GSMA. Con l’azienda collaborano Open Fiber, RAI, RFI e Terna.

ToothPic invece è una start-up torinese che opera nei processi di autenticazione digitale, e ha appena annunciato il completamento del secondo round di finanziamento di € 810.000 da parte del Club degli Investitori e Vertis SGR. Spin-off del Politecnico di Torino, ToothPic è incubata presso I3P, l’Incubatore del Politecnico di Torino.

Che cosa fa? La sua tecnologia custodisce le chiavi crittografiche che identificano un dispositivo online criptandole attraverso una caratteristica hardware del dispositivo stesso per mettere le credenziali degli utenti al riparo dai malware.
“Con un semplice click sul proprio smartphone, l’utente potrà attivare la procedura di verifica ottenendo un maggiore livello di sicurezza durante ogni operazione di autenticazione”.

È evidente che di fronte all’aumento degli attacchi rispetto al primo semestre 2019, perpetrati verso le infrastrutture critiche (+ 85%), fornitori governativi del (73,3%), ricerca e istituzioni scolastiche (+ 63%), è fondamentale finanziare ricerca e innovazione delle iniziative imprenditoriali italiane nella sicurezza informatica.

Secondo Gabriele Faggioli, presidente dell’associazione Clusit, infatti, è proprio nell’avvio di imprese nel settore della cybersecurity che l’Italia sembra incontrare maggiori criticità rispetto al resto del mondo.

A dargli ragione i dati dell’Osservatorio Cyber Security & Data Protection del Politecnico di Milano che evidenziano come su un totale di 254 start up nell’ambito della cybersecurity avviate nel mondo a partire dal 2015, solo il 2% è italiano.
In termini di finanziamento, la media italiana è stata di un milione di dollari, a fronte dei 15 milioni di dollari ricevuti in media nel resto del mondo.

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