Cultura

Macro, un editoriale in forma di mostra

Macro, un editoriale in forma di mostraIn primo piano, Andreas Angelidakis, «Demos Gold Bar», 2018; sullo sfondo, Nora Turato, «The world is like a cactus, it's impossible to sit down», 2019 – Foto Giovanni Apa

Musei Riapre il luogo per l'arte contemporanea di via Nizza con la nuova direzione di Luca Lo Pinto, che lo immagina come una «rivista vivente». Ingresso gratuito fino al 2022

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 17 luglio 2020

In piena estate, in una Roma attanagliata dal caldo e da scrosci improvvisi di pioggia, apre al Macro una mostra pensata come fosse un Editoriale di quella «rivista vivente» che sta iniziando ad occupare gli spazi del centro per l’arte contemporanea di via Nizza. Un editoriale di ripresa che «dice la sua» con la irriverente risata di Gino De Dominicis, perché è così che i visitatori vengono accolti.
IL PROGETTO del Museo per l’immaginazione preventiva, come lo ha voluto il suo nuovo direttore Luca Lo Pinto, si presenta in maniera inusuale, «senza una stagionalità degli eventi», a ingresso gratuito fino al 2022, cogliendo il testimone – ma cambiandolo di segno attraverso una reale «impaginazione» degli spazi – dell’irregolarità del Macro Asilo, la piazza aperta di Giorgio De Finis. L’invito, in questo re-inizio di corso, è sempre diretto alla cittadinanza, più locale che mai a causa della pandemia.

Generazioni diverse si rincorrono tra le stanze dell’ex birrificio: c’è la contestazione del ’68 con i quadri girati di Gastone Novelli, ci sono i post-it poetici e situazionisti di Marcello Maloberti, il vuoto silenzioso di Emilio Prini, le polveri depositate di Luca Vitone (materia del tempo sospesa fra la vita e la morte), gli splendidi filmati di Essere donne (1964) di Cecilia Mangini che raccontano un’Italia piena di contraddizioni ma anche intrisa di sogni e futuro. E poi campeggiano le bandiere di Pierre Bismuth, tra paesi «ospitanti» e paesi di partenza dei migranti, che si sovrappongono nell’accoglienza (l’Italia è accompagnata dal Bangladesh).

LA MOSTRA-MANIFESTO della direzione di Lo Pinto è come una giostra con le luci intermittenti: quando si accendono, la giostra gira e avvolge – o srotola – il nastro della Storia. Un po’ come il polipo-logo. Le interferenze sono molte e si affastellano nonostante il «distanziamento» delle varie sale: da Luigi Nono a Roberto Rossellini fino a Giovanna Silva e Puppies Puppies, artista transgender che riflette sulla transitorietà del quotidiano e sulla permanenza della cultura popolare. Ad agosto, è previsto uno sfondamento delle mura-confine del Macro per un volo verso il cielo con Tracce/Traces: Lawrence Weiner disseminerà l’arte con banner aerei sul litorale tra Ladispoli e Anzio. E se a chiusura della rassegna appena inaugurata, in ottobre si sveleranno diversi progetti, il 3 dicembre si vedrà quel magazine tridimensionale che è «il museo impaginato».
Un luogo, ha spiegato il presidente dell’Azienda speciale del Palaexpo Cesare Pietroiusti, «che sfida la nostra concezione della finitezza temporale» e, soprattutto, «punta a rimanere al servizio della comunità».

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