Macedonia del nord, oggi il puzzle del voto per il primo presidente
Macedonia del Nord In un clima pesante, tre i candidati: della destra nazionalista, dei «socialisti» sostenitori della Nato e dell’opposizione albanese
Macedonia del Nord In un clima pesante, tre i candidati: della destra nazionalista, dei «socialisti» sostenitori della Nato e dell’opposizione albanese
Per Skopje quelle di oggi saranno le elezioni delle prime volte. Poco meno di due milioni di elettori sono chiamati a eleggere il primo presidente della Macedonia del Nord, nome con cui è stata ribattezzata la piccola Repubblica dell’ex Jugoslavia. Quello precedente, Macedonia, aveva scatenato una lunga disputa con la Grecia che per ventisette anni ha sbarrato l’ingresso a Europa e Nato allo Stato balcanico reo di chiamarsi come una delle sue province.
UN MUTATO contesto internazionale però ha spinto i due recalcitranti Paesi ad addivenire a più miti consigli. Dallo scoppio della crisi in Ucraina nel 2014 hanno iniziato a spirare venti di una nuova guerra fredda tra Washington e Mosca. Venti particolarmente gelidi in un angolo d’Europa, i Balcani, storico luogo di incontro e scontro tra Oriente e Occidente. Da allora l’allargamento della Nato a questa regione è tornato a essere una priorità. Imbarcata l’Albania già nel 2009, si è proceduto con il Montenegro prima, e la Macedonia del Nord poi. Un’operazione costata a Podgorica un tentato colpo di Stato, e a Skopje un accordo con la Grecia sul cambio del nome indigesto persino a chi lo ha sottoscritto.
LE ELEZIONI di oggi saranno una prima, parziale occasione per fare un bilancio delle crepe aperte nella Macedonia del Nord da questo processo tutt’altro che risolto. In discussione non è la cosiddetta vocazione euroatlantica del Paese, ma il prezzo pagato per poter aderire al club d’Occidente. Per i conservatori di Vmro-Dpmne quel prezzo si chiama identità nazionale. Su questo si è incentrata la campagna della candidata di destra Gordana Siljanovska-Davkova, prima donna nella storia macedone a correre per la carica di Presidente. Un’outsider che non riesce però a far breccia nell’elettorato conservatore per la sua posizione giudicata troppo sfumata rispetto alla questione del nome.
UGUALE MA DI SEGNO contrario il malcontento che serpeggia tra i sostenitori del governo guidato dal socialista Zoran Zaev. Troppe e inaccettabili le concessioni fatte al Vmro-Dpmne pur di trovare i voti necessari a ratificare l’accordo in Parlamento. La necessità poi di andare spediti sulla strada dell’adesione a Ue e Nato ha rallentato l’attuazione di riforme attese da tempo. Così la promessa di cambiamento che era stato il cavallo di battaglia vincente dei socialisti alle elezioni del 2017, rischia ora di ritorcerglisi contro.
ZAEV però tira dritto e schiera in campo Stevo Pendarovski, coordinatore nazionale per l’adesione Nato, già in corsa per i socialisti alle presidenziali del 2014. Una scelta che non solo rivendica i risultati del percorso intrapreso, ma che ricorda l’unità d’intenti di slavo-macedoni e albanesi nel suo perseguimento. Pendarovski è infatti il primo candidato alla Presidenza appoggiato congiuntamente da un partito slavo-macedone, i socialisti dell’Sdsm, e da uno albanese, il Dui, socio di minoranza del governo Zaev. Una svolta densa di significato in un Paese attraversato da tensioni tra le due comunità, culminate nella crisi del 2001 che portò la Macedonia del Nord sull’orlo della guerra civile.
DI CONTRO i partiti albanesi di opposizione, Alleanza per gli albanesi (Aa) e Besa, schierano un loro candidato, Belim Reka, che stando ai sondaggi si attesta al 12%. Non tanto, ma abbastanza da rendere improbabile un’elezione al primo turno dei due candidati più forti, Pendarovski e Siljanovska-Davkova. Ed è qui che la storia si complica. La tentazione per tutti i partiti d’opposizione è di optare per un silenzioso boicottaggio al secondo turno che ne invalidi i risultati.
PERCHÉ l’elezione sia regolare, infatti, è necessario raggiungere un quorum del 40% degli aventi diritto al voto. Una soglia non scontata se si considera la scarsa partecipazione alle presidenziali in Macedonia rispetto ad altre consultazioni elettorali ritenute più importanti, come le politiche e le amministrative.
Obiettivo del boicottaggio è costringere il governo alle dimissioni e indire così elezioni anticipate. Perché la Nato potrà anche essere più vicina, ma la strada per la democrazia è ancora molto lunga.
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