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Macaluso: «La sanità, un’eredità oggi anche per chi butta la nostra storia»

Macaluso: «La sanità, un’eredità oggi anche per chi  butta la nostra storia»Emanuele Macaluso. storico dirigente comunista ed ex direttore dellìUnità – Ansa

Intervista allo storico dirigente comunista L'ex direttore dell'Unità, alla vigilia del suo 96esimo compleanno: ho visto gli anni della guerra, dei morti, del terrorismo. Ma ora sembra che l’unico riparo dalla paura della pandemia sia stare a casa. Chiusi, separati. Avrà conseguenze su tutti noi. I sovranisti non hanno capito nulla: chiedono che fa l’Europa, ma loro volevano smontarla. Serve più Europa, più Onu e, di fronte a problemi globali, un governo della globalizzazione

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 18 marzo 2020

Di queste ore Emanuele Macaluso descrive il clima, il silenzio. Dirigente comunista e sindacale, direttore dell’Unità e tanto altro, il suo compleanno – quest’anno sono 96 – cade il 21 marzo, inizio della primavera. Ma questi giorni di pandemia, per lui che pure ne ha viste tante, sono amari. «Porteranno conseguenze in tutti noi», nel profondo, spiega, «perché ci costringono a combattere la paura restando separati». Ma a questo arriva alla fine della conversazione. Che inizia sul servizio sanitario nazionale. Nell’anno in cui fu varato, il 1978, lui era senatore e membro della direzione del Pci.

Direttore, oggi tutti ma proprio tutti lodano la sanità pubblica italiana.

L’Italia ha uno dei sistemi sanitari più organizzati al mondo. Quelli che sputano sulla Prima Repubblica sappiano che fu dovuto a una grande convergenza, alla battaglia per gli ospedali, fatta dal Pci e dalla Dc. Saragat aveva chiesto «case, scuole e ospedali». Alla fine si fece la riforma, ministro della sanità era Tina Anselmi. Ora la sanità pubblica l’hanno ereditata tutti, anche quelli che pensano che quella storia sia da cancellare. È stata una delle riforme fondamentali dello stato sociale, ed è stata fatta dai grandi partiti della Prima Repubblica: ecco la verità che bisogna riconoscere. Se non l’avessimo, oggi come ci ritroveremmo?

Ci ritroveremmo come negli Stati uniti?

Hai sentito Trump? Ha cancellato la riforma di Obama, e ora quelli che non hanno un’assicurazione sanitaria, la maggioranza della gente povera, come farà se prenderà questo male?

I paesi fondatori dell’Unione europea non hanno preso sul serio l’Italia, almeno all’inizio.

Pensavano che il problema fosse circoscritto all’Italia, non capendo che questa cosa ha una velocità di diffusione incredibile. Per non dire di quel bullo di Boris Johnson, che ora si ritrova anche lui con il problema. Se la Gran Bretagna ha una sanità, è grazie ai laburisti.

Democristiani, comunisti, laburisti. Il virus non sta cancellando le categorie politiche?

No, le categorie politiche non si cancellano. Ma oggi la politica è debole, non ha la forza di essere protagonista della soluzione dei problemi. Questa esperienza ci dice che serve un personale politico capace di reggere gli eventi di un paese, economici e sociali. E oggi una pandemia.

Il governo italiano è all’altezza?

Il presidente del consiglio Conte, per il quale ho avuto parole di critica seria, in questa fase si sta comportando con senso di responsabilità. E anche con un impegno suo personale. Gli va riconosciuto, con tutti i suoi limiti, quelli di un uomo che non ha una storia politica alle spalle.

In questa emergenza globale, i nazionalisti, e i nostri ’sovranisti’, che ruolo hanno?

Quello di forze che non hanno capito nulla. Basta vedere cosa dicono ancora adesso sull’Europa. Questa ventata di malattia sta dimostrando come l’Europa sia di fatto inseparabile. Loro continuano a chiedere: ‘ma l’Europa cosa fa?’ Certo, dobbiamo chiedere che faccia di più. Ma loro volevano smontarla. Il problema semmai è che l’Europa non ha tutti gli strumenti per affrontare il problema. Ma non serve meno Europa, ne serve di più.

La tua generazione è cresciuta con l’incubo della guerra nucleare. Le generazioni future avranno l’incubo delle pandemie?

Togliatti disse che l’era nucleare avrebbe potuto cancellare le guerre. Le forze irresponsabili ci sono sempre, quelle che non capiscono la dimensione dei problemi che l’umanità oggi ha davanti. Per questo dico che serve una maggiore forza dell’Europa, e anche dell’Onu. Che significa la globalizzazione se non c’è un governo mondiale? Oggi i problemi hanno una dimensione talmente vasta. Bisogna riflettere sulle strutture politiche. E invece da questo punto di vista avverto un deficit. Mi fanno ridere i sovranisti: ormai il mondo è sempre più piccolo.

Si rispolvera il concetto di solidarietà nazionale. C’è qualcosa di paragonabile con quegli anni 70?

L’esigenza della solidarietà nazionale, che non ha nulla a che vedere con il compromesso storico, c’è. Ma oggi non ci sono forze in grado di esprimerla. La politica è impoverita. Basta ascoltare, in queste ore, le parole di Meloni, Salvini, anche di qualcuno della sinistra. Non capiscono che siamo di fronte a problemi epocali, e se non si ha la dimensione del problema non lo si può leggere e dominare. Per questo è un errore pensare che i grandi partiti non servano più. Sono comunità politiche che esprimono cultura, solidarietà, capacità di iniziativa e di governo.

La nostra sinistra è all’altezza di problemi enormi e globali?

Stento a definire oggi qual è la sinistra. Ravviso che c’è, che ci sono forze di sinistra, persone che hanno una visione e una cultura di sinistra. Ma non c’è un forte partito che abbia capacità di incidere, di guidare. Il Pd non lo è. La mia critica si conosce, ho scritto un libro su questo (Al capolinea, 2007, Feltrinelli). Ora dobbiamo stare attenti a vedere se cresce una forza di sinistra con più radici nella storia, più consapevolezza. Ma non la vedo. Vedo gruppetti di sinistra, pezzetti di sinistra. E il Pd, che semmai è una forza di centrosinistra che ha una certa dimensione, stenta a capire e a assolvere a una funzione che pure potrebbe assolvere se si sviluppasse una battaglia al suo interno. Non penso a una battaglia di correnti ma a una battaglia politica. Perché le battaglie politiche interne sono necessarie. In un partito ci devono essere forze che chiedono che il partito stesso assolva a una funzione: imprimere più forza e incisività di fronte ai problemi nuovi. Ma non vedo nulla di questo genere. Del resto questa battaglia dovrebbe essere frutto di dibattito. E per il dibattito mancano gli strumenti di elaborazione, di riflessione e anche di contrasto. Mancano le riviste. Manca un giornale.

Direttore, il manifesto c’è, e fa quello che può.

Il manifesto è indubbiamente un giornale di sinistra. Ma non ha una forza di sinistra dietro di sé. È una voce, necessaria, ma una voce.

Passata la piena del virus questo paese sarà diverso?

Questa vicenda inciderà nelle persone. Tutti ne usciremo diversi. Questo clima, queste paure, questa cancellazione della vita sociale influirà in tutti noi. Ma tu ci pensi che uno si affaccia alla finestra e non vede nessuno? Questa piazza di Testaccio (Roma, ndr) su cui mi affaccio io è sempre stata piena. Oggi c’è silenzio, non c’è una persona.

Le piazze vuote però oggi significano che le persone finalmente si assumono la responsabilità di fermare il contagio.

È vero. Il popolo italiano sta mostrando senso di responsabilità. Una disciplina ammirevole. Ma vedi, alla mia età, vedere così il mio paese fa impressione. Certo ho visto gli anni della guerra, dei bombardamenti, dei morti. Del terrorismo. Ma al terrorismo puoi reagire, financo alla guerra puoi reagire. Oggi sembra che l’unico riparo dalla paura sia stare a casa. Chiusi, separati. Tutti separati. Questo avrà conseguenze su tutti noi.

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