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Il direttore del Cir sul caso Shalabayeva: “Il governo deve ancora chiarire troppe cose”

Il direttore del Cir sul caso Shalabayeva: “Il governo deve ancora chiarire troppe cose”Il passaporto kazako regolare di Alma Shalabayeva

Christopher Hein Intervista al direttore del Consiglio italiano rifugiati

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 14 luglio 2013

«Il fatto che l’espulsione sia stata annullata mi sembra l’ammissione che qualcosa non è andata nel modo giusto, e questo è già importante».

Christopher Hein, lei è il direttore del Consiglio italiano per i rifugiati. Non pensa che la retromarcia del governo, per quanto importante dal punto di vista politico, sia in realtà inutile visto che difficilmente permetterà alla signora Shalabayeva e a sua figlia di tornare in Italia?

Dobbiamo vedere questi casi in un’ottica di prevenzione per il futuro, affinché episodi simili non si ripetano. Noi abbiamo chiesto fin dal primo momento che la signora Shalabayeva e sua figlia tornassero nella stessa situazione in cui si trovavano quando sono state prelevate a Roma, consentendo quindi una richiesta di protezione. Certo, adesso la questione è se il governo del Kazakistan le lascerà partire oppure no, e qui giuridicamente parlando non ci sono soluzioni. Al contrario di quanto accade infatti in America latina, né in Europa né in Kazakistan esiste un sistema di convenzioni sull’asilo diplomatico. Quindi possiamo affidarci solo ai canali politici e diplomatici e provare a convincere le autorità del Kazakistan a lasciarle andare via.

Intanto dal Kazakistan hanno già fatto sapere che per loro le cose stanno bene così. Il resto sono problemi italiani.

Certo, prima di tutto è un problema per l’Italia. Adesso è solo una questione politica e tecnica. C’è sempre la possibilità che l’ambasciata italiana rilasci un documento di viaggio che permetta alla Shalabayeva e a sua figlia il ritorno in Italia. Ovviamente con il permesso del governo kazako.

E’ normale che la bambina sia stata espulsa con la madre?

Non è direttamente contro la legge. In genere si privilegia quello che si pensa possa essere l’interesse migliore per il bambino. La prefettura e la questura dovevano valutare se era meglio per la piccola Alua stare con la madre espulsa o rimanere con la zia che è qui in Italia. Non abbiamo elementi per sapere se la madre ha richiesto di partire comunque con la bambina oppure no.

Ma conoscendo la situazione politica del Kazakistan la possibilità di rimandare indietro la bambina non avrebbe dovuto essere valutata meglio dalle autorità italiane?

E’ certamente uno degli elementi da chiarire. Però se ci fosse stato un rischio concreto che la madre finisse in carcere una volta giunta in Kazakistan, come era il nostro iniziale timore, certo la questione della bambina avrebbe dovuto essere considerata in modo diverso. In ogni modo le autorità di pubblica sicurezza prima di procedere a un rimpatrio forzato devono valutarne le eventuali conseguenze e quindi la possibile sorte della persona dopo il suo arrivo nel Paese d’origine. Ma c’è un altro fatto: in tanti anni di lavoro non ho mai sentito che un’espulsione sia stata effettuata con un aereo privato del paese di appartenenza della persona espulsa.

In genere si adoperano voli di linea.

Sì, oppure se si si tratta di gruppi di stranieri viene noleggiato un charter, ma stavolta c’erano solo una donna e una bambina per le quali è stato noleggiato tutto un aereo.

Uno dei tanti punti ancora non chiari di questa vicenda. Il premier Letta si è tirato fuori escludendo responsabilità del governo, Viminale e Farnesina compresi.

Posso solo dire che noi come Cir ai primi di giugno ci siamo rivolti al ministro Bonino, anche per la sua competenza nel caso di un’eventuale procedura di rientro della Shalabayeva. Non voglio pronunciarmi su eventuali responsabilità. Il nostro interesse è quello umanitario e dobbiamo fare tutto il possibile perché Alma Shalabayeva e sua figlia possano tornare in Italia.

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