Economia

Ma i reati della «lista Falciani» non sono punibili con la nuova delega fiscale

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Svizzera Verso la firma dell’accordo bilaterale con Roma

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 10 febbraio 2015

Potrebbe essere troppo tardi per perseguire penalmente i reati tributari eventualmente commessi da alcuni di quei 7.499 clienti italiani che hanno depositato nelle casse elvetiche della Hsbc 6,5 miliardi di euro tra il 2006 e il 2009. Se il Consiglio dei ministri del 20 febbraio prossimo varerà definitivamente le nuove norme sulle sanzioni penali, come previste nel decreto delegato, il raddoppio dei termini di contestazione per i reati tributari rispetto agli accertamenti di tipo amministrativo, contemplati attualmente dalla legge, sarà fortemente limitato. Al punto da impedire altre eventuali contestazioni davanti al giudice, come quelle già avanzate negli anni scorsi, da quando la «lista Falciani» venne trasmessa dalle autorità francesi a quelle italiane ed è al vaglio della Guardia di Finanza.

Fermo restando che i forzieri della filiale di Ginevra della Hsbc, numero due delle banche nel mondo, puzzano decisamente dei proventi dei traffici di armi, droga, diamanti “insanguinati” e esseri umani, e che non è l’evasione fiscale pura l’elemento più devastante del cosiddetto Swissleaks. Ed è questa la vera novità che emerge dal lavoro di indagine e di analisi qualitativa della «lista Falciani», appunto già nota da tempo, che il consorzio internazionale di giornalisti Washington International Consortium of Investigative Journalists (Icij) ha completato e sta rendendo pubblico in queste ore.

Il problema dell’evasione fiscale però, come è noto, riguarda in modo strutturale e particolare l’Italia, e va ben al di là dei soliti nomi di vip dati nuovamente alle cronache in questi giorni, in attesa di conoscere i dettagli di quell’elenco che, secondo l’Icij, porta il Belpaese al quinto posto per numero di conti correnti e al settimo tra i paesi con il maggior capitale depositati, con un importo massimo associato a ciascun cliente di 1,2 miliardi di dollari. Cifre tutto sommato poco rilevanti, se si pensa che con le nuove norme sulla voluntary disclosure entrate in vigore dal 1° gennaio 2015 e con l’accordo bilaterale che Svizzera e Italia firmeranno entro il 2 marzo prossimo, secondo i termini previsti dalla legge affinché la Confederazione elvetica possa uscire dalla black list, c’è chi arriva a prevedere un rientro di capitali nelle casse italiane che potrebbe aggirarsi sui 130 miliardi di euro.

La procedura di dichiarazione volontaria di evasione fiscale, sia per i capitali depositati in Italia che quelli depositati all’estero, secondo la legge 186/2014 può essere attivata fino al 30 settembre 2015 e riguarda le omissioni commesse fino al 30 settembre 2014. Chi aderisce alla collaborazione volontaria, pagando per intero le somme dovute, non sarà perseguito penalmente per i reati di frode ed evasione di Iva, così come non saranno punibili nemmeno gli intermediari. La voluntary disclosure però prevede un doppio regime di imposizione fiscale e di emersione, a seconda se il Paese scelto dall’evasore per nascondere i propri beni esentasse sia contemplato nella white list, come ad esempio la Germania, o rientri nella black list, come la Svizzera, da sempre reticente a rinunciare al segreto bancario che ne ha fatto finora uno dei paradisi off-shore più affidabili dell’occidente.

A questi paesi il programma italiano di autodenuncia dà tempo fino al 1° marzo per sottoscrivere un accordo bilaterale che garantisca lo scambio automatico delle informazioni secondo gli ultimi standard Ocse, ed uscire, in cambio, dalla black list. Il 19 dicembre scorso Berna e Roma hanno effettivamente raggiunto un’intesa di principio sulla futura cooperazione nelle questioni fiscali e tra qualche giorno, entro la fine di febbraio appunto, i due governi dovrebbero essere pronti alla firma di un protocollo di modifica della Convenzione e di una roadmap da seguire. Firmato l’accordo, per i contribuenti italiani che detengono un conto in Svizzera si aprirà la possibilità di partecipare alla voluntary disclosure alle stesse condizioni di quelle applicate ad altri Paesi che non figurano sulle liste nere italiane.

Insomma, dopo gli anni dei condoni e degli scudi fiscali dei governi Berlusconi, qualcosa è cambiato nella lotta all’evasione fiscale. Ora però il testo del decreto delegato che limita il raddoppio dei termini di contestazione per i reati tributari alla condizione «che la denuncia sia presentata o trasmessa entro la scadenza dei termini ordinari», potrebbero rendere inutili le ulteriori notizie di reato della «lista Falciani».

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