Questa «sporca mezza dozzina» riunisce jazzisti che sposano un’ottima padronanza tecnica ad una proposta sonora che si radica nel neo-hardbop ma lo trascende. In questo senso la figura del pianista Claudio Filippini ha un ruolo chiave, anche a livello compositivo: basta sentire il suo Haze che apre l’album con una forza cinetica irresistibile per capire quale è la «lunghezza d’onda». Non è da meno il seducente Flying Horses sempre di Filippini che, come autore, è affiancato dal batterista Lorenzo Tucci e dal sassofonista Daniele Scannapieco. Il sestetto si completa con la tromba di Gianfranco Campagnoli, il trombone di Roberto Schiano...