M5S fuori dalle nomine Rai, sospetti su Di Maio
Servizio pubblico L’Aventino tv di Conte e le divisioni interne: il ministro degli esteri ha incontrato l’ad Carlo Fuortes, ma smentisce ogni interferenza
Servizio pubblico L’Aventino tv di Conte e le divisioni interne: il ministro degli esteri ha incontrato l’ad Carlo Fuortes, ma smentisce ogni interferenza
Ci ha messo due ore, il consiglio di amministrazione della Rai, per approvazione le designazioni proposte dall’amministratore delegato Carlo Fuortes. Le nomine sono passate a maggioranza, visto il voto contrario del consigliere in quota M5S Alessandro di Majo e l’astensione del rappresentante dei dipendenti Riccardo Laganà. «Ho scelto di non partecipare al voto di oggi perché l’Ad non ha chiarito il progetto e l’indirizzo dietro le nomine proposte», spiega Laganà. Francesca Bria, consigliera in quota Pd, ha votato contro la nomina di Paolo Petrecca, considerato vicino a Fratelli d’Italia, alla direzione di RaiNews24. Scelta, quest’ultima, che ha raccolto anche l’opposizione del comitato di redazione della testata all-news del servizio pubblico.
DUNQUE, RESTA la volontà di Conte di far disertare ai suoi le telecamere Rai. «Da giorni c’era tensione anche per il rifiuto di Fuortes di incontrare Conte, come se fosse una voce superflua», racconta Alberto Airola, senatore M5S e membro della commissione parlamentare di vigilanza. La mossa di Conte, peraltro, rivela anche le sue difficoltà anche all’interno del Movimento 5 Stelle. Tutto accade mentre il nuovo capo politico sta continuando a tentare di ricucire coi parlamentari, dopo le prime settimane di piglio decisionista. In questo senso c’è da registrare la distensione con il capogruppo alla Camera Davide Crippa. I due si sono riavvicinati a meno di un mese dalla convocazione delle elezioni per il rinnovo delle cariche a Montecitorio, il che dovrebbe evitare un bis del Senato a Conte e un nuovo inutile braccio di ferro. Crippa si trovava ieri alle spalle del leader mentre questo annunciava lo sciopero delle apparizioni televisive e radiofoniche. E accanto a lui c’era anche Primo Di Nicola, il senatore che all’ultima congiunta ha polemizzato più di tutti con i vertici per la scelta di affidare ai cinque vice l’esclusiva della comunicazione del M5S.
EPPURE, LA DIARCHIA interna continua ad aleggiare. Perché la nomina di Monica Maggioni alla direzione del Tg1 avrebbe fatto imbizzarrire Conte e la gran parte dei 5 Stelle ma avrebbe avuto l’ok di Di Maio. Sarebbe la prova ulteriore che il ministro degli esteri continua a gestire le sue relazioni in un binario parallelo, il che non è affatto un buon segnale in vista della delicatissima e intricatissima partita del Quirinale. Tanto più che nei giorni scorsi Di Maio avrebbe incontrato una ventina di parlamentari del M5S a lui vicini. Di Maio ha avuto anche un’interlocuzione con Carlo Fuortes. Ma lo stesso Di Maio parlando ad alcuni de suoi ha giurato che quel vertice con Fuortes non era servito a parlare di nomine, all’ordine del giorno c’era solo Rai International e alcune faccende che riguardano la Farnesina. Eppure ieri, dopo una giornata di voci sul suo conto, l’ex capo politico grillino ha dovuto smentire ogni sua interferenza «Mi attribuiscono un potere che non ho», ha commentato. Anche se poi si è mantenuto cauto sulle nomine: «Non voglio entrare nel giudizio sulla singola persona, ai nuovi direttori dei tg faccio i migliori auguri».
RESTA IL TEMA dell’Aventino mediatico scelto dall’ex presidente del consiglio, pare su indicazione del responsabile dei rapporti con le televisioni (pagato dal gruppo alla Camera) Rocco Casalino. È evidente che una forma di protesta così estrema non può durare ad libitum, soprattutto in una forza politica che sulla comunicazione punta moltissimo e in vista dell’elezione del presidente della repubblica e dell’ultimo anno di legislatura.
INSOMMA, I 5 STELLE prima o poi dovranno trovare l’espediente che consenta loro di tornare sotto i riflettori. A breve un’altra delle nuove direzioni, quella del day time per ora appaltata a Franco Di Mare ma prossimo alla pensione, potrebbe andare a Giuseppe Carboni, sostenuto dal M5S. Potrebbe essere quello il segnale del disgelo. «La nostra è una scelta dura – dice ancora Airola – Noi volevamo non la lottizzazione ma il rispetto del pluralismo. Che poi questo in Italia si esplichi utilizzando le quote e distribuendo le cariche è un altro discorso. Queste nomine sono sbagliate secondo la logica spartitoria e oscene in quella del servizio pubblico». Tuttavia, prosegue il senatore torinese, «questa vicenda ha tracciato un solco tra noi e loro. E questo è anche un segno positivo perché significa che non siamo omologati. È un’opportunità per marcare una differenza».
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