Politica

M5S, Conte lancia l’«assemblea costituente»

Giuseppe ConteGiuseppe Conte – Ansa

Europee All’assemblea dei parlamentari il leader apre anche alla possibile ridefinizione delle regole. E tutti pensano al tetto due due mandati

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 12 giugno 2024

Ufficialmente, l’appuntamento per l’assemblea congiunta dei parlamentari del Movimento 5 Stelle era fissato da tempo: si tratta della riunione periodica degli eletti con Giuseppe Conte per fare il punto della situazione e fissare i temi salienti.

TUTTAVIA, questa volta l’evento cade all’indomani dei risultati delle europee che hanno fotografato le difficoltà elettorali e imposto la necessità di quella che lo stesso leader definisce «una riflessione interna». E allora l’occasione diventa ghiotta. Anche se nessuno osa dire che la direzione dell’ex presidente del consiglio viene messa in discussione. All’ordine del giorno, sostiene ad esempio Elisa Pirro, capogruppo M5S in commissione bilancio al senato, c’è l’esigenza di «migliorare e dimostrare ulteriormente ai cittadini che lavoriamo esclusivamente nel loro interesse. Ma la leadership di Giuseppe Conte non è in discussione». «Giuseppe Conte è e rimane saldamente alla guida del M5S – è la versione della vicecapogruppo alla Camera Vittoria Baldino, pur ammettendo – Il risultato di queste elezioni ci consegna l’obbligo di una profonda riflessione interna. Seria, autentica, costruttiva e funzionale a migliorare l’efficacia della nostra azione politica».

IL «PRESIDENTE» (c’è solo un presidente, da queste parti) dice ai suoi che una «forza matura» si assume la responsabilità «di fare autocritica e migliorare ciò che non va», lancia una «assemblea costituente» aperta a eletti, responsabili di settore e iscritti. Poi concede sulla necessità di definire anche «regole più efficienti». E qui tutti pensano a una sola cosa, all’unisono: il vincolo dei due mandati.

QUELLI CHE predicano un ritorno al passato, oltretutto, dimenticano (o sperano di rimuovere) il fatto che il 90% dei protagonisti di quel passato che tanto si mitizza (erano i tempi in cui in effetti i 5 Stelle erano il primo partito) si sono normalizzati ancora di più di quanto si accusi l’avvocato: i volti noti di quella stagione hanno seguito Luigi Di Maio nell’avventura della lista centrista e draghiana e/o in tantissimi si sono riciclati come consulenti d’azienda (Ah! Il conflitto di interessi e le porte girevoli tra incarichi pubblici e interessi privati!).

IL PUNTO DI SVOLTA potrebbe essere la rimozione dell’ultimo paletto rimasto ad inchiodare il M5S al suo passato. Il fondatore lo ha sempre rivendicato come tratto essenziale, l’ex presidente del consiglio è stato abile nell’accogliere la richiesta e servirsi della mannaia per far piazza pulita del ceto politico che si era costituito nel corso delle prime due legislature pentastellate. La base e i pochi ex parlamentari rimasti nel M5S in attesa dell’evoluzione anche su questo fronte chiedono che si creino delle deroghe che consentano di valorizzare le esperienze e non disperdere volti noti. Qualcuno lo ha detto, a mezza bocca, anche prima della riunione dei parlamentari di ieri. Ciò viene contestato al leader, in effetti, è che queste europee siano state combattute con armi spuntate e il coinvolgimento della base ormai ridotto a feticcio simbolico. Gli otto eletti a Bruxelles sono tutti ex parlamentari oppure big cooptati dal vertice in cima alle liste: anche da questo punto di vista è finito il mito del partito-lotteria che paracaduta dentro i palazzi la gente.

CONTE, è il ragionamento dei suoi, potrà anche aver fatto alcuni errori, ma mettendosi al centro della scena ha impedito che il M5S andasse verso il cupio dissolvi che hanno conosciuto le numerose forze esplose all’improvviso negli spazi lasciati vuoti dalla crisi della rappresentanza e poi spariti con altrettanta rapidità. Può quindi ripartire da questo 10% e, come ci hanno tenuto a far sapere l’altra sera da via Campo Marzio, non mollare la prospettiva del «campo progressista». Con la differenza, non di poco conto, dal punto di vista dell’ordine del discorso e dei suoi toni, che per il momento non può ambire a diventarne il frontman nella competizione con il Pd di Elly Schlein. E che, forse, non ha più la forza di porre discriminanti al centro, anche se Calenda e Renzi escono ancora più malandati dal voto delle europee. In tutto ciò, resta la variabile potenzialmente incontrollabile, il deus ex machina che sulla scrivania della villa vista mare di Bibbona conserva il tasto di fine mondo: Beppe Grillo. Deciderà di rientrare in campo? E per affidare a chi le sorti del M5S? Di certo c’è Conte anticipa tutti e si intesta lui stesso il processo di auto-riforma.

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