L’urlo degli angeli caduti
A teatro Al festival torinese proposte le nuove coreografie di Emio Greco, Pieter C. Scholten e Olivier Dubois, quest’ultimo ancora in scena il 4 ottobre a MilanOltre
A teatro Al festival torinese proposte le nuove coreografie di Emio Greco, Pieter C. Scholten e Olivier Dubois, quest’ultimo ancora in scena il 4 ottobre a MilanOltre
In omaggio all’anno di Marsiglia 2013, Capitale Europea della Cultura, Torinodanza Festival ha aperto i battenti con il Ballet National de Marseille. In scena alle Fonderie Limone di Moncalieri, un programma a doppio titolo composto da Double Points: Extremalism di Emio Greco e Pieter C. Scholten, e Élégie del coreografo rivelazione Olivier Dubois.
Greco e Scholten sono degli habituées del festival torinese che negli anni, con la direzione di Gigi Cristoforetti, ha ospitato e coprodotto il loro corposo progetto sulla Divina Commedia di Dante. Il linguaggio di Greco e Scholten è giocato su una corporeità vibrante, estrema e appassionata: lo ricorda lo stesso titolo del pezzo presentato a Torino, costruito appositamente per la compagnia marsigliese diretta dal 2004 dal coreografo belga Frédéric Flamand. Conoscendo bene il progetto Commedia, non si possono non riconoscere in Double Points: Extremalism alcune sequenze cardine dei lavori che a quell’iter appartengono e che, con variazioni di umori e di contesti, lo hanno attraversato: i gruppi con il corpo posizionato in diagonale, il gomito piegato come una freccia teso indietro, le cadute repentine, l’unisono dirompente. Sequenze da ripetere, da fare proprie, prima di essere variate in altro.
Tuttavia quell’energia fibrillante, scossa dall’interno, che caratterizza gli interpreti personalissimi che sono i danzatori della compagnia olandese di Greco e Scholten, non trova analoga padronanza nei ballerini di Marsiglia, e se la trasformazione di certe forme classiche (port de bras per esempio) nei gesti ‘estremi’, dinamicamente stressati di Greco, ha una potenziale presa, l’effetto generale è una copia un po’ sbiadita di quel vibrare che Torino ha assai ben conosciuto e apprezzato in passato.
Élégie è approdato a Torino a ridosso dal debutto mondiale a Marsiglia a fine agosto. Olivier Dubois, nonostante sia arrivato alla danza piuttosto tardi, a 23 anni, è stato considerato uno dei migliori danzatori al mondo. Quotatissimo, ha danzato per autori come Angelin Preljocaj e Jan Fabre, cominciando a firmare coreografie nel 1999. È un artista che sa rileggere con sguardo originale coreografie e partiture storiche: lo ha fatto per titoli come L’Aprés-midi d’un faume di Vaslav Nijinskij rivisitato nella creazione Faune (s), nonché per Révolution, spettacolo per 14 danzatori sul Bolero di Ravel. Tra i suoi pezzi di successo anche l’emblematico Tragédie, ideato per il festival d’Avignone 2012.
Élégie è una creazione densissima. Persegue una visione e non se distacca fino a quando l’affresco non è compiuto, finché il filo drammaturgico non è tessuto rivelando trama, colore, disegno. Tutto inizia al buio, tra i boati di un temporale. Si fatica a distinguere cosa accade sulla scena, ma a poco a poco un mondo netto si rivela. Un uomo, unico elemento di luce, si arrampica, scivola, cade, si rialza sopra un gruppo di corpi vestiti di nero dalla testa ai piedi. I volti sono nascosti, resi invisibili da bende nere, servitori di scena danzanti, tra i quali e sopra i quali l’Uomo narra il proprio destino.
«Chi, s’io gridassi, mi udrebbe /dalle celesti gerarchie degli Angeli? / E se, d’un tratto, un angelo / contro il suo cuore mi stringesse, certo / io svanirei di quella forza immensa / in Lui racchiusa / Ché il bello è solamente / la prima nota del Tremendo (…)
Dubois si ispira alla prima Elegia di Rainer Maria Rilke e dà forma a una creazione sorprendente sulla nostra umanità, sull’affanno della vita, sulla paura della fine, sulla lotta e sul soccombere. Il corpo molteplice della massa dei danzatori in nero si apre, crea varchi, solleva, risucchia, rigetta, seppellisce. Un destino che appartiene a quel singolo uomo o Angelo, potremmo pensare, che ascende e precipita tra alcune note della musica di Wagner. Ma Dubois va oltre. Coerente, ripete tutto due volte, il corpo bianco, luminoso, ora è quello di una donna: la durata della danza è identica, come l’anelito all’elevazione, come l’essere risucchiati, rigettati, sepolti. La massa diventa fila, cerchio, crea un piano sotto il quale si striscia. Riconosciamo le forme, le figure. Aspettiamo la fine. Un destino comune. Inesorabile. In cui tutti ricadremo, uomini e donne.
La creazione è potente, andrebbe vista forse da sola, richiede impegno. Senz’altro non va persa. Torna in Italia il 4 ottobre al festival MilanOltre che riserva uno degli approfondimenti dell’edizione 2013 al direttore del Ballet de Marseille, Frédéric Flamand. A Milano Élégie sarà preceduto dalla prima italiana di Organizing Demonds del coreografo israeliano residente in Francia, Emanuel Gat. La Compagnia è in scena al festival milanese con altri due programmi a firma Flamand; l’altro approfondimento del festival è riservato a Virgilio Sieni. MilanOltre inizia stasera all’Elfo Puccini, in scena la compagnia di Susanna Beltrami e Sanpapié.
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