Geniale, visionario a tratti eccentrico, ricco di contraddizioni ma senza dubbio una delle personalità di maggior talento apparse sulla scena musicale italiana. Lucio Dalla raccontato da Paolo Maiorino – negli anni ottanta corrispondente per numerose testate musicali e dal 1992 al 2021 nei quadri dirigenti di label come Emi, Bmg per poi finire come responsabile del catalogo Sony Legacy, dove ha incontrato l’artista bolognese. Maiorino in L’uomo di piazza grande (Aerostella, pp.253, euro 22) si addentra nella fitta discografia del cantatutore, dagli esordi alle collaborazioni – e ai conflitti – con Roversi, passando agli anni del grande successo, attraverso una disanima degli album ma soprattutto attraverso le testimonianze di artisti, amici, e produttori tra cui Pupi Avati, Mauro Malavasi, Francesco De Gregori, Ron.

«IL MIO OBIETTIVO – spiega Maiorino – era raccontarlo in una dimensione corale. Non si sentiva il bisogno di un’altra biografia» . Dalle pagine emerge la difficoltà da parte di Dalla di far convivere il grande successo popolare e progetti più sperimentali. Altrimenti non si spiegherebbe, dopo la parentesi di quattro album di enorme successo, il continuo saliscendi tra l’uscita di Canzoni e poi con Ciao. Un album bellissimo come Henna e altre produzioni più commerciali: «Vero, lui viveva con l’ansia di fare canzoni destinate a un pubblico ampio, ma voleva seguire anche altri itinerari». Gli ultimi lavori testimoniano la volontà di allontanarsi da un repertorio che sentiva troppo stretto: «Questa è una delle pochissime licenze che mi sono preso nel libro. C’è un episodio che racconto, quando Patrick Dijavas (negli Area prima e poi con la Pfm, ndr) suonò come bassista con Dalla e insieme realizzarono Il gigante e la bambina di Ron. Lui e Leandro Gaetano, il tastierista, entrarono nella band di Dalla. A un certo punto questi due musicisti volevano fare qualcosa di più, dedicarsi a una sorta di jazz sperimentale ispirandosi a Weather Report e Miles Davis. Andarono da Dalla per dirgli che volevano cambiare genere e gli chiesero se lui stesso volesse seguirli, fare del progressive rock o del progressive jazz visto che lui veniva dal jazz. Lucio ci pensò un attimo e poi gli disse di sì, ma dopo il confronto con il suo manager Renzo Cremonini tornò sui suoi passi. E si mise a fare pezzi più commerciali, tanto è vero che realizzò i due dischi con gli Idoli. Per poi entrare nel loop dei tre album con il poeta Roversi. Quindi il suo percorso artistico è un continuo barcamenarsi in momenti in cui cercava progetti ricercati, e altri in ambiti estremamente popolari come i tre dischi con Alessandro Colombini».

TESTIMONIANZE spesso raccolte nell’abitazione di Lucio a Bologna: «Ho frequentato casa Dalla in via d’Azeglio a Bologna, sono stato rappresentante per la Sony con la Fondazione Dalla, e in quella circostanza convocavo le persone nell’appartamento e facevo le interviste. Quella esperienza mi ha arricchito perché mi ha aperto una nuova dimensione di quello che era Lucio uomo e Lucio artista, e l’ho potuta verificare apprendere e metabolizzare solo perché l’ho fatta lì». Nel rapporto con gli artisti, spesso i toni si facevano burrascosi: «Mi viene in mente l’episodio di Samuele Bersani che Lucio prova a convincere ad andare a Sanremo mentre lui non vuole farlo, così per rappresaglia gli fa portare via macchina che gli aveva regalato». Lucio è sempre stato in grado di riconoscere il talento degli altri. La scoperta di Ron, Stadio, Carboni, Samuele Bersani: «Ma non solo musicisti. Anche Ambrogio Logiudice che iniziò a scattare le foto per lui e poi fece copertine realizzando tutti i suoi videoclip e ora è un apprezzato regista teatrale e televisivo» .Ho frequentato casa Dalla in via d’Azeglio a Bologna, sono stato rappresentante per la Sony con la Fondazione Dalla, e in quella circostanza convocavo le persone nell’appartamento e facevo le interviste. Quella esperienza mi ha arricchito perché mi ha aperto una nuova dimensione di quello che era Lucio uomo e Lucio artista

A VOLTE ha anche subito, ma solo quando era perfettamente consapevole che chi aveva di fronte poteva consentirgli un salto di qualità. «Un nome su tutti: Mauro Malavasi, che introduce l’elettronica nei suoi dischi. Lucio se lo va a prendere a New York e lo convince a tornare a Bologna. In studio Lucio seguirà le sue indicazioni, senza interferire». Dalla è rimasto nel cuore della gente, come se non fosse mai scomparso:. «Può aver fatto dischi meno riusciti di altri, ma ci sono pezzi come Le rondini dall’album Cambio che in qualche modo sono arrivati al grande pubblico anche se non propriamente singoli di successo. È questa la sua grande rivoluzione».