Ci sono dei luoghi vacanti, inabitati, non colonizzati, che la specie umana cerca di addomesticare o, comunque, di forzarne i confini così da colmare quei vuoti vertiginosi, irrazionali, forieri di ignoto e imprevedibilità. Sono «zone temporaneamente autonome», non gerarchiche perché dimenticate, irrorate da misteriose reti connettive. Jill Desimini, docente di architettura del paesaggio presso Havard Graduate School of Design, guarda a quegli spazi «sospesi» con lungimiranza, immaginandoli non come scarti ma laboratori socio-politici densi di cambiamenti. La studiosa interverrà giovedì 24 nell’ambito delle «Giornate internazionali di studio sul paesaggio» (18-25 febbraio), organizzate dalla Fondazione Benetton che quest’anno ha scelto come...