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L’universo di Isabel Parra

L’universo di Isabel ParraIsabel Parra

Miti/La madre Violeta, la carriera, l’amicizia con Victor Jara nel racconto dell’artista cilena «Mentre suono il mio cuatro e canto, mi sento beata e grata. Non sono cose che ho mai programmato, è successo nel percorso fra dolore e allegria»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 12 agosto 2023
Gianluca DianaSANTIAGO DEL CILE

«Tu canti Gianluca?». La domanda non è attesa e di conseguenza è spiazzante. Trovarsi improvvisamente catapultato dalla parte opposta, quando per mestiere i punti interrogativi si sottopongono e non si ricevono, lascia basiti. Ma ascoltare e dialogare con Isabel Parra, la «hija» di Violeta, significa rimanere sorpresi di sovente, in quanto la grande musicista cilena che ha veleggiato attraverso i decenni passando da un millennio all’altro raccontando le sue storie in forma di canzone, ha mille e una narrazione da condividere. Lo fa con gentilezza e carisma, nell’abitazione di Santiago dove ci ha ricevuto per condividere memorie, riflessioni e speranze sul futuro, sulle pagine di Alias: «Cantare è un mestiere da cui traggo beneficio ogni volta. Canto ancora nonostante sia “vecchia”. Non hai idea di cosa mi accade… mi arriva un’energia da chissà dove e so che le persone in ascolto apprezzano quello che faccio. Mentre suono il mio cuatro (una piccola chitarra, ndr) e canto, mi sento beata e grata. Non ho mai programmato tutto questo, è successo nel percorso fra dolore e allegria».
Parlare con Isabel Parra, che ancora oggi è in piena attività, significa ovviamente passare per sua madre. Ed il florilegio di ricordi e sorrisi che ne consegue è affascinante: «Sai, parlando di Violeta, è molto difficile uscire dall’ambito musicale essendo sua figlia. Perché avevo davanti una mamma diversa, creativa, attenta e allo stesso tempo immersa nella frustrazione di donna con un maschilista cileno quale era mio padre… il Cile è pieno di maschilisti. Si sposò con lui, ebbe due figli e soffrì per dieci anni, come dice nelle sue decime rime… dieci anni di inferno. Quando successivamente si risposò, per certi versi andò ancora peggio. Io ero lì e posso dirti che sono stata testimone della sua sofferenza come donna e della sua realizzazione come artista. Mia madre decise di diventare Violeta Parra dopo una conversazione con il fratello Nicanor. La Viola, concentrandosi sul lavoro, si liberò di questo abuso sistematico della donna sottosviluppata che deve accettare le condizioni di maltrattamento da parte del marito. Non ha fatto come le altre donne che preoccupandosi di stare dietro ai figli annullano e frustrano se stesse per essere eccellenti madri e spose. Noi figli venivamo semplicemente dopo e non avrebbe potuto essere diversamente, altrimenti lei non sarebbe stata quella che è ancora oggi».
Lo sguardo e le parole di Isabel sono piene di orgoglio e amore nei confronti della madre. E il tono della voce è anch’esso melodia, a testimonianza di quanto la musica e la famiglia fossero un corpus inscindibile: «Suonava la chitarra, provava molto le sue canzoni e noi ascoltavamo. Quindi per me, mio fratello Angel e anche mia figlia Tita, è stato naturale diventare il gruppo musicale di Violeta. È avvenuto in modo pacifico e permanente, non perché mia madre organizzasse delle prove. Vivendo in una casa di legno si sentiva tutto e noi la ascoltavamo mentre si esercitava. Io prendevo la sua chitarra e cantavo con lei, mentre mio fratello ne aveva una sua che non so dove avesse preso. Ricordo quando entrai per la prima volta in uno studio di registrazione con la Viola, che al tempo aveva iniziato a scrivere canzoni sue, parzialmente influenzata da quello che passava alla radio. Aveva da poco sciolto il duo Las Hermanas Parra che aveva con la sorella Hilda e doveva rispettare un contratto con la Rca Victory. Mi disse che dovevamo incidere una canzone che già conoscevo avendola ascoltata mentre la testava in casa. Mi chiese “Vogliamo registrarla?” e io chiaramente risposi di sì. Andammo in studio senza fare prove: non serviva, sapevo come comportarmi da seconda voce. Fu così che iniziai e subito dopo fu il turno di Angel, che nel frattempo aveva già imparato alla chitarra la musica di Atahualpa Yupanqui. Eravamo diventati il gruppo di nostra madre e sai perché? Era lavoro, dovevamo aiutarla. Angel ed io suonavamo sia uniti che alternandoci con lei, mentre la piccola Tita era al tamburo. Violeta era papà, mamma e il sostentamento della casa che avevamo nel quartiere de La Reina. Ci esibivamo con lei nei centri culturali di Santiago, in concerti che si procurava autonomamente in quanto non aveva né contatti né manager. Ad esempio andando all’Università del Cile, conoscendo il rettore e proponendosi, idem al centro culturale di Santiago e in quello di Valparaiso. Sto parlando di metà anni Cinquanta. E tieni conto che nello stesso momento già tesseva tappeti. In quel mondo così lontano e abbandonato dai movimenti culturali mondiali, c’era una donna che stava compiendo una rivoluzione nell’arte popolare cilena e noi eravamo con lei, da bravi figli».
Isabel Parra è una storyteller di livello assoluto, anche senza l’adorato cuatro tra le mani. Parla della madre e del suo progressivo affrancarsi da semplice interprete di melodie popolari, quelle che il fratello Nicanor definiva «tonterias», espressione traducibile come bazzecole, a ricercatrice e autrice di fondamentale importanza per la musica cilena. Descrive in modo minuzioso il valore del suo peregrinare da un lato all’altro del paese, isola di Chiloé inclusa, mentre risale alla fonte della saggezza dei cantori popolari. La Violeta etnomusicologa, una pioniera autentica al femminile, è quella che svela come la dignità dei mestizos cileni abbia ragion d’essere e di esistere nelle identità culturali e musicali che incontra nel cammino e che poi diffonde all’intero paese grazie alle sue molteplici attività, tra cui il fondamentale testo Cantos folklóricos chilenos del 1959 con le trascrizioni musicali di Gastón Soublette: «È stato anche un grande psicologo e filosofo oltre che musicista. Dovresti intervistarlo sai? Vive nella regione di Valparaiso».
Non è un semplice elenco di fatti e avvenimenti quello di Isabel, è un viaggio nel passato per comprendere presente e futuro della cultura popolare cilena. L’indicazione di dialogare con Soublette è parte di un meraviglioso intreccio dove le vicende umane e creative della madre, il rapporto con la radio che include gente come Raúl Aicardi e Ricardo García e il programma Así canta Violeta, i viaggi in Europa, Neruda, le tragedie familiari e gli apici artistici, giungono naturalmente nel Cile odierno di cui Isabel è parte attiva. Argomenti come la questione femminista e la musica attuale, reggaeton compreso, sono nella conversazione: «Perché sono un’artista popolare cilena, che viene da una famiglia di cantori. Sono stata in esilio e sono tornata. Ora mi sto adattando alla nuova generazione e ai nuovi tempi, continuando a lavorare scrivendo canzoni».
Isabel dettaglia in modo appassionato anche la sua carriera artistica, soffermandosi a lungo sul fertile periodo de La Peña de los Parra che al 340 di Calle Carmen a Santiago, diede il via all’epopea della Nueva Canción Chilena in cui con il duo Isabel y Angel Parra furono determinanti. La voce le si fa profonda quando ricorda Victor Jara: «È stato fondamentale non solo per la vita del Cile, ma anche per la mia. L’ho conosciuto da giovane, avevamo la stessa voglia di fare e ha rappresentato nella mia vita privata un’amicizia che non avrò mai con nessun altro. Il giorno martedì 11 settembre 1973 dovevo cantare con lui all’Universidad Técnica e ovviamente non andai, non perché qualcuno mi disse di non andare, ma perché sentii che se fossi andata avrebbero ucciso anche me. Per questo mi salvai. Mi dissero che lui era andato all’Università. Fu una perdita terribile».

UNA DISCOGRAFIA
La cantautrice cilena vanta una discografia sterminata che include titoli a suo nome e con altre formazioni. Come Isabel Parra imprescindibili sono l’esordio del 1966 Isabel Parra dove interpreta le canzoni materne, Cantando por amor del 1969 dove per la prima volta è autrice, Vientos del pueblo del 1974 dove è forte il ricordo di Victor Jara, come registrazione dal vivo emerge di forza Isabel Parra en Cuba del 1978 in cui viene ben rappresentata una stagione di entusiasmo e passione anche politica in un festival internazionale a Cuba dove tra l’altro era presente anche Giovanna Marini, decisamente emozionante è Con los pies sobre la tierra del 2014 assieme a Roberto Trenca suo chitarrista nonché rappresentante italiano della Fundación Museo Violeta Parra. Come Isabel y Angel Parra irrinunciabile è La peña de los Parra del 1965 che include anche Patricio Manns e Rolando Alarcon.

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