Visioni

L’umorismo nero di Duprat prende di mira il mondo dell’arte

L’umorismo nero di Duprat prende di mira il mondo dell’arte

Al cinema Esce nelle sale «Il mio capolavoro», visto fuori concorso a Venezia

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 31 gennaio 2019

A Buenos Aires, capitale di un impero mai esistito come diceva Malraux, Duprat continua la sua indagine caustica nel mondo dell’arte in Argentina. Dopo aver seguito le vicende del premio Nobel della letteratura tornato dall’Europa nel suo paesino sperduto (Il cittadino onorario) in Mi obra maestra (Il mio capolavoro, fuori concorso a Venezia) prende spunto dalle misteriose strade che dominano il mercato dell’arte senza pietà né per artisti né per commercianti. Proprio come sono i due amici di lunga data che si direbbero due anime dell’argentino, quella vicino al mondo degli affari e quella dell’artista asociale e incurante del denaro. Sono interpretati da Guillermo Francella che era anche in El Clan di Trapero e da Luis Brandoni (Patagonia rebelde di Hector Olivera e tanta televisione). Più l’incognita del nuovo che avanza, l’incorruttibile volontario delle ong a fianco degli indios (lo spagnolo Raúl Arévalo).

L’AMBITO artistico è ben conosciuta dagli autori, il regista ha lavorato in un museo, sono videoartisti il fratello Gaston cosceneggiatore dei suoi film e il produttore Mariano Cohn: i quadri che compaiono nel film sono di Carlos Gorriarena, famoso negli anni Ottanta come il protagonista che vede il suo stile passare inesorabilmente di moda. Umorismo nero, decisi colpi di scena sono conditi da sottili notazioni di costume metropolitano contrapposte alla suprema indifferenza delle Ande.

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