Internazionale

Luminosi incontri alieni

Luminosi incontri alieniProgramma Seti

Astronomia & fantascienza Frank Drake, lo scienziato che ha dedicato la vita alla ricerca di presenze «extraterrestri» con il programma Seti, è morto a 92 anni. Celebre l’equazione che porta il suo nome e indaga il campo delle probabilità per gli altri abitanti spaziali. Negli anni 70, insieme all'amico Carl Sagan, incise un messaggio nella speranza che fosse intercettato nelle sonde gemelle Pioner 10 e Pioner 11

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 4 settembre 2022

L’uomo che ha dedicato tutta la vita alla ricerca della vita extraterrestre è morto venerdì sera a 92 anni. Si chiamava Frank Drake, era un astrofisico statunitense e, nel corso della seconda metà del ventesimo secolo, è riuscito a trasformare un tema da fumetti per bambini impressionabili e libri di fantascienza in una disciplina scientifica di tutto rispetto.
All’inizio della sua carriera, Drake aveva lavorato soprattutto nel campo della radioastronomia, che a metà del secolo scorso era il campo più pioneristico della ricerca astronomica. Oltre alle onde luminose, alcune frequenze delle onde radio sono le uniche che penetrano l’atmosfera terrestre, e, in un’epoca in cui non erano ancora stati sviluppati telescopi spaziali, la radioastronomia apriva una finestra sul cosmo piena di sorprese e scoperte inaspettate.
Nel 1959, lavorando presso il nuovo radiotelescopio di Green Bank (nella West Virginia), costruito appena due anni prima, aveva scoperto che Giove possedeva un campo magnetico ventimila volte più potente di quello terrestre; poco dopo, scoprì che la temperatura sul pianeta Venere non cambiava fra il giorno e la notte, molti anni prima che la prima sonda raggiungesse il pianeta gemello della Terra. Ma fu proprio a Green Bank che Drake, nel 1960, a 29 anni, lanciò il suo Progetto Ozma (dal nome di una regina del Mago di Oz): era il primo seme di quello che sarebbe diventato Seti, il progetto per la ricerca di vita extraterrestre.

PER TRE MESI OSSERVÒ due stelle simili al sole chiamate Tau Ceti e Epsilon Eridani, a circa 12 anni luce di distanza da noi, per cercare di captare segnali emessi da una eventuale civiltà extraterrestre. Questo tipo di ricerca era malvista dalla comunità scientifica, alla disperata ricerca – come sempre – di finanziamenti per ricerche più solide. Ma Drake era anche un inguaribile ingenuo: anni dopo ammise che non trovare nulla fu un dispiacere per lui. A quei tempi, era convinto che ci sarebbe stata una civiltà avanzata attorno a ogni stella, e che bastasse puntare un’antenna per captarne i segnali. Era anche un visionario: in fondo, il primo pianeta attorno a un’altra stella venne osservato solo nel 1995: oggi ne abbiamo certificati almeno 5000 attorno alle stelle vicine. Ma lui non lo sapeva, anche se lo aveva già immaginato.
Fu proprio in quell’epoca che Drake ideò l’equazione che da allora porta il suo nome. Fu in un convegno dove cercò di mettere un po’ di ordine sulla possibilità dell’esistenza di vita extraterrestre. L’equazione di Drake era del tutto speculativa, ma era già dotata di grandissimo appeal: in sostanza, diceva che il numero di civilizzazioni extraterrestri osservabili era uguale al prodotto fra il tasso di formazione delle stelle (unico dei fattori che fosse osservabile all’epoca), la frazione di stelle che possiedono sistemi planetari (oggi stimiamo che sono almeno la metà, ma allora era un fattore del tutto sconosciuto), il numero di pianeti abitabili di ciascun sistema planetario, la frazione di questi che sviluppa la vita, la frazione di questi che sviluppa vita intelligente, la frazione di questi che diviene tecnologica, il tutto moltiplicato per il tempo che dura una civiltà tecnologica.

ANNI DOPO DIVENTA il responsabile di un altro emblematico radiotelescopio: quello di Arecibo, a Portorico, che abbiamo visto in decine di film come Contact o Golden Eye di James Bond, e che fino al 2016 era il più grande radiotelescopio del mondo (oggi molto danneggiato dopo un collasso strutturale avvenuto nel 2020). È da questo telescopio che Drake manda il 16 novembre 1974 quello è forse il messaggio più emblematico della sua carriera: per celebrare il giorno dell’inaugurazione dell’upgrade del telescopio, si decise di inviare la prima cartolina spaziale a eventuali civiltà extraterrestri. Segnatamente, in direzione dell’ammasso globulare M13, formato da 300mila stelle, dove le onde radio mandate da Arecibo arriveranno tra più di 20mila anni. Fu Drake a disegnare il contenuto del messaggio, una trasmissione di 3 minuti e 1679 bits (equivalente a una pagina di testo) alla frequenza di 2380 MHz, quella in cui osservava il radiotelescopio. In semplice codice binario su una matrice 23 x 73 pixel, venne rappresentata una doppia elica, un abbozzo di essere umano, due numeri che indicavano la nostra altezza (in funzione della lunghezza d’onda radio a cui era trasmessa) e quanti eravamo allora (4 miliardi), e una specie di mappa del sistema solare (che conteneva anche Plutone, oggi non più considerato pianeta), e finalmente uno schema dello stesso telescopio di Arecibo.
Drake fu anche il coautore, assieme al suo amico Carl Sagan, del messaggio inciso sulle due placche d’oro-alluminio che vennero inserite nelle sonde gemelle Pioneer 10 e Pioneer 11 (lanciate nel 1972 e nel 1973), che oggi si stima si trovino a 110 unità astronomiche di distanza dalla terra (cioè 110 volte la distanza terra-sole). In questo messaggio, destinato a eventuali extraterrestri che dovessero intercettare le sonde fra migliaia di anni, oltre a essere incise le silhouette di una donna e di un uomo, ci sono un diagramma della posizione della terra rispetto alle stelle pulsar più vicine, presumibilmente un tipo di oggetto celeste che anche altre civiltà potrebbero aver identificato, un altro schema del sistema solare e della stessa sonda. Tra l’altro, fu proprio Drake a coniare il termine «pulsar» per identificare stelle molto dense e collassate che ruotano rapidamente su stesse emettendo un segnale radio a frequenze molto regolari.

MA L’EREDITÀ più significativa che lascia Drake è quella di Seti, il progetto di ricerca di intelligenza extraterrestre di cui fu presidente dal 1984 al 2010. Nonostante la perplessità del mondo scientifico per un progetto che obiettivamente è assai più difficile che la ricerca del proverbiale ago in un pagliaio, l’idea si è andata sviluppando: invece di scandagliare tutto il cosmo alla ricerca di improbabili segnali extraterrestri, vengono utilizzate le osservazioni radioastronomiche per cercare, in quelle stesse zone di cielo, segni di civiltà tecnologicamente avanzate. Anche Stephen Hawking diede il suo contributo economico per l’ultima versione di questa ricerca, chiamata Breakthrough Listen. L’impresa è ugualmente difficile (soprattutto perché se pure altre civiltà esistessero, dovrebbero aver avuto voglia e capacità di mandarci un segnale nel momento dell’osservazione), ma almeno usa dati già disponibili. E per analizzarli, si utilizza la capacità diffusa dei computer di utenti a casa: uno dei primi esempi di citizens’ science, scienza cittadina, in cui ciascuno di noi ha la possibilità di sentirsi protagonista di un’avventura scientifica.
Rispetto a molti altri progetti di ricerca, Seti ha la capacità di stimolare molto di più l’immaginazione del grande pubblico, così come la riconquista della Luna con la missione Artemis (che ieri non è riuscita a partire) o le futuribili missioni umane su Marte. La stessa Nasa collabora con Seti: perché in fondo, l’impulso alla ricerca ha bisogno anche di sognare.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento