«Nessun animale venne importato da Urras, per non mettere a repentaglio il delicato equilibrio della vita. (…) Neppure la pulce era riuscita ad arrivare sul pianeta Anarres», scriveva Ursula Le Guin nel suo romanzo di fantascienza utopica I reietti dell’altro pianeta.

SUL PIANETA TERRA, invece, da secoli l’umanità porta fuori dalle aree di origine, verso nuove regioni, animali vertebrati e invertebrati, vegetali, microrganismi. Ma oggi, quasi un decimo delle specie aliene o alloctone (non autoctone, non locali, non indigene, non native), frutto di spostamenti intenzionali o casuali da parte di attività umane dirette o indirette, rientra nella categoria «specie aliene invasive»: nocive per la biodiversità, la natura, i beni e servizi ecosistemici, la salute umana e l’economia degli ambienti colonizzati. Il ritmo attuale di crescita di questa «invasione biologica» è senza precedenti.

LA VALUTAZIONE PIU’ COMPLETA MAI FATTA SUL TEMA delle specie aliene invasive è il recentissimo Thematic assessment of invasive alien species and their control: quattro anni di lavoro di 86 esperti della Piattaforma intergovernativa scientifica e politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (Ipbes). Il rapporto, con 13.000 referenze e consultazioni anche con popoli indigeni e comunità, è stato approvato il 3 settembre dai 143 paesi membri dell’Ipbes.

SONO 3500 LE «SPECIE ALIENE INVASIVE», un temibile sottoinsieme delle 37.000 specie aliene recensite. Le segnalazioni di specie più invasive sono state rilevate nelle Americhe con il 34% del totale, poi Europa e Asia centrale (31%), Asia Pacifico (25%) e Africa (7%). Tre quarti delle segnalazioni riguardano gli ecosistemi terrestri, principalmente boschi, foreste (temperate e boreali) e aree coltivate. Una situazione destinata ad aggravarsi grazie alle numerose concause.

NELLE CAUSE, INTENZIONALI O NO, DIRETTE O INDIRETTE, il fattore umano è centrale. Tante specie sono state introdotte (nel settore agroforestale, in acquacoltura e perfino come specie da compagnia) per i loro presunti benefici senza considerare o conoscere i loro impatti negativi. L’aumento del commercio globale e dei viaggi – più 1000% negli ultimi 50 anni – ha creato corridoi per la circolazione di specie invasive, fino a regioni remote. Via via, zanzare, ratti, termiti, hanno trovato un passaggio sulle rotte terrestri, acquatiche, perfino aeree. Si nascondono nei carichi, ma anche nello scarico delle acque di zavorra delle navi. Alcune specie introdotte si affermano velocemente, altre dopo tanto tempo, così il loro impatto è a lungo sottostimato.

E FRA I CINQUE CAVALIERI DELL’APOCALISSE che minacciano la biodiversità – invasioni aliene, cambiamenti nell’uso delle terre e dei mari, sfruttamento diretto delle specie, mutamenti climatici e inquinamento – si creano interazioni pericolose (per esempio: piante aliene pericolose favoriscono gli incendi). Il degrado degli ecosistemi li rende più vulnerabili alle invasioni biologiche, che a loro volta accentuano il fenomeno. I cambiamenti climatici amplificano la minaccia presente e futura. Si pensi alla zanzara tigre: gli inverni di una volta bastavano a sconfiggerla.

NEL 60% DELLE ESTINZIONI MONDIALI DI ANIMALI e vegetali, le specie aliene invasive sono fra i co-fattori, e nel 16% l’unico fattore determinante (ma il 90% sulle isole). Almeno 218 specie aliene (soprattutto animali, vertebrati e invertebrati) sono state responsabili di oltre 1200 estinzioni a livello locale. E se non è estinzione, è seria minaccia. Gli scoiattoli grigi «importati» contro gli scoiattoli rossi nostrani, le alghe infestanti contro le piante marine native, il granchio blu che spazza via vongole e crostacei (ma sarà sempre più pescato) sono esempi ben noti. Ma ci sono anche sorprese: la volpe rossa (Vulpes vulpes), spunta negli elenchi Ipbes delle specie aliene invasive in quasi tutti gli ecosistemi. Del resto, in Australia, secondo le stime di un accurato studio del 2022, volpi e gatti ucciderebbero ogni anno 1435 milioni di mammiferi, 697 milioni di rettili e 510 milioni di uccelli. Emblematica, poi, la storia del serpente arboricolo bruno (Boiga irregularis): introdotto a Guam con il materiale militare Usa nella seconda guerra mondiale è stato capace di sterminare la quasi totalità di uccelli, lucertole e pipistrelli dell’isola. In diverse regioni del mondo, ungulati selvatici invasivi (compresi i cinghiali) premono su specie vegetali native e al tempo stesso danneggiano colture erbacee e arboree.

SULLE POPOLAZIONI UMANE, le specie aliene invasive possono avere effetti catastrofici, nuocendo ai servizi e prodotti offerti dalla natura (sicurezza alimentare, sicurezza idrica), o alla salute. Tantissimi gli esempi. La lafigma (Spodoptera frugiperda) è un insetto polifago, alieno in Africa e Asia, dove fa danni enormi a molte colture. Il bel giacinto d’acqua (Pontederia crassipes) può in breve ricoprire laghi e fiumi, ostacolando la navigazione, rallentando il flusso dell’acqua e riducendo l’ossigeno necessario ai pesci. La Lissachatina fulica (lumaca gigante africana) danneggia le derrate, come la Bactrocera dorsalis (mosca orientale dei frutti). In India, l’arbusto alieno invasivo Lantana camara, secondo al mondo per diffusione dopo il giacinto d’acqua, preoccupa molto perché compete con le piante native, riduce il cibo disponibile per gli erbivori selvatici, altera il ciclo dei nutrienti nel suolo. Terzo per diffusione, il ratto nero (rattus rattus) ormai introdotto da secoli dovunque, divora cereali e altri alimenti e può diffondere malattie. Numerose specie acquatiche (pesci, molluschi, piante) impoveriscono le risorse alieutiche.

MALATTIE COME MALARIA, ZIKA, FEBBRE West Nile, sono propagate da zanzare che si diffondono in aree nuove. L’impatto maggiore, spiega il rapporto, è subito da popoli indigeni, minoranze etniche, migranti, abitanti poveri delle città e delle campagne.

E I COSTI? SECONDO IL RAPPORTO DELL’IPBES, le invasioni biologiche costano all’anno 423 miliardi di dollari; una cifra grandemente sottostimata, eppure cresciuta del 400% ogni decennio dal 1970 e destinata a salire negli anni a venire. Questo costo economico rispecchia i danni alle popolazioni; solo l’8% si riferisce alle spese per la gestione delle specie. Oltre 2.300 specie aliene invasive si trovano su terre gestite o possedute dai popoli indigeni.