ExtraTerrestre

L’ultimo ruggito delle tigri. I crimini del bracconaggio

Il fatto della settimana Rischiamo di vivere in un mondo senza tigri. Il mitico felino (ne restano solo 3.890 esemplari) oggi è l’emblema dell’animale che sta scomparendo

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 13 dicembre 2018

«Ci stiamo preparando a un mondo senza tigri, e forse senza elefanti», dice all’ExtraTerrestre Isabella Pratesi, direttore del programma di conservazione del WWF Italia. E anche se dal 2010 ad oggi c’è stata una leggere inversione di tendenza, perché la popolazione è passata dai 3.200 individui stimati ai quasi 3.900 attuali, non possiamo che considerarla una prima debole risposta di fronte all’intensificazione delle uccisioni: nel 2007, le tigri erano ancora circa 7mila, ricorda Pratesi, che sottolinea: «Andiamo verso una sesta estinzione di massa».

Un secondo elemento preoccupante riguarda la diffusione della tigre, che «sarebbe formalmente censita in tredici Paesi, ma noi sappiamo che in realtà in 5 di questi non c’è più o c’è una presenza occasionale, senza nuclei riproduttivi» spiega Pratesi. La tigre è già sparita dalla Cambogia, dal Vietnam, dal Laos, dal Myanmar e dalla Cina.

Se il Wwf ha deciso di concentrare sulla tigre la propria campagna «La natura non fa sconti», lanciata in occasione dell’ultimo black friday, è anche per porre l’accento sul ruolo del bracconaggio, che favorisce la scomprsa della tigre (e di altre specie): «La tigre è l’emblema dell’animale che sta scomparendo a causa del bracconaggio – denuncia Pratesi – perché è stata massacrata per alimentare un mercato illegale, legato alla medicina cinese, che utilizza gli organi interni, le ossa, le vibrisse, i denti. Il commercio riguarda tutta l’Asia: la medicina tradizionale cinese è usata anche in Laos, in Vietnam, in Cambogia. Sono pochi i Paesi in cui assistiamo a uno sforzo reale per frenare il bracconaggio: in Nepal e in India, ad esempio, dove negli ultimi anni il numero di tigri censite è in aumento». L’obiettivo del Wwf è arrivare a raddoppiare il numero degli esemplari entro il 2022: «Probabilmente non ci arriveremo, ma siamo ottimisti – chiosa Pratesi – anche se questo non significherebbe averla salvata dalla estinzione». Ottomila esemplari non sono sufficienti, e sarebbero comunque un 92% in meno rispetto a quelli censiti cent’anni fa.

Il rapporto «Bracconaggio Connection», presentato dal Wwf nel maggio del 2018, spiega che «il commercio illegale di specie selvatiche produce un business che può arrivare a circa 23 miliardi di dollari l’anno», e ricorda che «dal 2014 al 2016 i crimini di natura hanno avuto una crescita del 26%». Una tigre vale fino a 150mila dollari. Non è l’animale cacciato illegamente più prezioso: un rinoceronte, ad esempio, vale fino a 500mila dollari. Gli elefanti sono una merce meno cara (30mila dollari per ogni esemplare), ma «ogni anno  vengono uccisi dai bracconieri 20.000 elefanti in tutta l’Africa» spiega il rapporto del Wwf. Sono 384 a settimana, contro i 20 rinoceronti e le 2 tigri. Per quanto riguarda gli elefanti, il bracconaggio ha «conseguenze drammatiche su tutta la popolazione, che nell’arco di un secolo si è ridotta del 90%». Ecco perché – come la tigre – va verso l’estinzione.

Questi due animali non sono però soli: anche la popolazione di leone africano (Panthera leo) è drammaticamente in declino. In un secolo si è passati da 200.000 individui presenti nelle savane africane ai meno di 20.000 stimati oggi. Un calo drammatico del 90% in 100 anni. Oggi il leone africano occupa soltanto il 10% del suo areale storico.

Anche l’orso polare (Thalassarctos maritimus) è una delle specie considerate oggi più a rischio, in questo caso le cause sono da ricercare nei cambiamenti climatici in atto: il suo habitat, i ghiacci polari, ogni anno subiscono gravi perdite. «Oggi si stima la presenza di 20-30.000 individui, ma i modelli degli scienziati indicano che entro i prossimi 35 anni rischiamo di perdere il 30% della popolazione di orso polare finora stimata tra i ghiacci» spiega il Wwf Italia.

Per il gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei) per la prima volta dopo decenni, arriva una buona notizia. Dai 680 individui censiti 10 anni fa, oggi la stima è stata aggiornata a circa 1.000 individui presenti tra Congo, Ruanda e Uganda, con un incremento della popolazione del 30% circa. Questo è stato possibile solo alle azioni di conservazione, comprese le pattuglie anti-bracconaggio e gli interventi veterinari, portati avanti attraverso il coordinamento tra tutti gli attori in campo, compreso il WWF. Al contrario, la popolazione del gorilla di pianura (Gorilla gorilla) diminuisce di circa il 10% ogni anno e in alcune foreste africane ne abbiamo perso addirittura ad oggi il 90%.

Il bracconaggio riguarda anche il nostro Paese: l’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) è una sottospecie unica di orso bruno, presente solo nell’Appennino centrale, la cui popolazione è stimata in circa 50 esemplari (45-69 orsi l’intervallo fiduciale secondo le ultime stime del 2014): un dato che la rende necessariamente in pericolo critico di estinzione. Secondo il Wwf, bracconaggio e mortalità accidentale sono le cause primarie del drammatico declino. Nel corso del 2018, tra i mesi di aprile e novembre, sono stati rinvenuti morti 5 individui, pari al 10% del totale.

È nei confronti del lupo, però, che il fenomeno della caccia illegale assume contorni preoccupanti. A fine novembre, dopo l’ennesimo macrabo episodio, avvenuto a Lanzo, nel torinese, la LAV ha addirittura offerto una ricompensa per trovare il colpevole, cioè la persona che il 13 novembre lungo la strada provinciale tra Lanzo e Germagnano ha lasciato una testa di lupo mozzata, appesa a un cartello della segnaletica stradale.

Secondo l’organizzazione, che dal 1977 si batte per l’affermazione dei diritti animali e per combattere ogni forma di sfruttamento animale, si tratta di un segnale inequivocabile, «un avvertimento in stile mafioso per far capire che da quelle parti i lupi sono destinati a essere uccisi da mani vigliacche, in piena violazione delle norme nazionali e europee». Spiega Massimo Vitturi, responsable animali selvatici di LAV: «Un atto aberrante, di una crudeltà inaudita che non può essere tollerato. Sappiamo bene quanto sia difficile individuare i responsabili in casi del genere, proprio per questo riteniamo che si debba mettere in campo ogni tentativo per smascherarli». Anche una taglia: perché chi caccia illegalmente è un vero bandito, wanted.

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