L’ultimo km dell’Isis, le Sdf avanzano a Baghouz
Siria Battaglia nell'ultima enclave jihadista lungo il confine con l'Iraq. Centinaia i civili intrappolati, 16 gli uccisi in un raid Usa. Tensione anche a sud: missili israeliani su Quneitra
Siria Battaglia nell'ultima enclave jihadista lungo il confine con l'Iraq. Centinaia i civili intrappolati, 16 gli uccisi in un raid Usa. Tensione anche a sud: missili israeliani su Quneitra
I miliziani dello Stato Islamico sono circondati, confinati in un chilometro quadrato. Lo rende noto il comandante delle Forze democratiche siriane (Sdf) Ednan Efrin, dal fronte di Baghouz. Lungo il confine orientale con l’Iraq, è l’ultima enclave siriana in mano jihadista.
È qui che due giorni fa è stato ferito al volto il fotoreporter italiano Gabriele Micalizzi: è stato operato ieri a Baghdad. Sta bene ma potrebbe perdere la vista a un occhio. Stava lavorando a Baghouz, sulla linea del fronte, l’ultima.
A Baghouz l’Isis sa di aver già perso, ma non si ritira: non è esclusa una battaglia letteralmente all’ultimo sangue. Agli scontri a terra (le Sdf avanzano lentamente a causa di mine e cecchini), si accavallano i negoziati: le Sdf stanno tentando di aprire un corridoio per i civili rimasti. Nelle scorse settimane ne sono fuggiti oltre 20mila, altri 1.500 da sabato quando l’offensiva è stata lanciata.
Ma accanto ai circa 600 miliziani islamisti ci sono ancora centinaia di civili. Ne dà conferma il bilancio di vittime di un raid aereo statunitense: secondo giornalisti di al Jazeera sul posto, 16 persone (di cui 7 bambini) sono state uccise a Baghouz da un bombardamento. La coalizione dice di aver colpito una moschea usata dall’Isis come «centro di comando».
Il progetto statuale del «califfato» è archiviato: i miliziani, ridotti nei numeri, non amministrano più alcun territorio. Ma l’ideologia alla base, il messaggio politico, non è venuto meno e si è ampliato, dal cuore del Medio Oriente all’Africa. L’obiettivo di lungo periodo di uno Stato resta, cambiano gli strumenti dell’oggi: attentati di piccole cellule che destabilizzino gli Stati, Iraq, Libia, Siria, Africa centrale.
In Siria, quasi totalmente tornata sotto il controllo del governo di Damasco, la guerra ha assunto una connotazione diversa: non si combatte quasi più, ma non c’è pace all’orizzonte. Non c’è ricostruzione, pacificazione interna, riallacciamento dei rapporti economici, politici, culturali, ritorno dei profughi, processo politico.
In tale contesto dettano legge gli attori esterni: Damasco ha denunciato il lancio da parte di un drone israeliano di quattro missili, lunedì, contro un ex ospedale e una postazione militare a Quneitra, estremo sud siriano. L’esercito di Tel Aviv non commenta, mentre la stampa parla di due iraniani uccisi. Nel 40esimo anniversario della rivoluzione khomeinista e a pochi giorni dall’«appello» russo: basta attacchi israeliani in Siria, aveva detto il viceministro degli Esteri di Mosca.
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