L’ultimatum di Landini: voto vero o non ci stiamo
Via streaming Oggi il comitato centrale della Fiom chiederà alla Cgil di approvare regole per un «referendum democratico» sull'accordo sulla rappresentanza
Via streaming Oggi il comitato centrale della Fiom chiederà alla Cgil di approvare regole per un «referendum democratico» sull'accordo sulla rappresentanza
«Bene che la Cgil abbia deciso di andare a una consultazione, è un passo avanti: ma il voto dovrà essere democratico, vero e certificato». Maurizio Landini si prepara al Direttivo di mercoledì 26, quando Susanna Camusso ufficializzerà la decisione presa durante la segreteria di lunedì scorso, come anticipato dal manifesto, di chiamare gli iscritti Cgil a dire la loro sull’accordo sulla rappresentanza. Ma la parte più attesa, e che potrebbe generare nuove divisioni e scontri, è un’altra: quella in cui la segretaria proporrà le modalità che regoleranno il referendum.
Landini, che oggi presenterà al comitato centrale della Fiom (per la prima vota in diretta streaming) la propria proposta sul tema, ha già fissato i suoi paletti, rigettando subito un’idea trapelata dalla segreteria Cgil: ovvero che a votare, seppure in due urne differenti, possano essere non solo i lavoratori interessati all’accordo, ma anche quelli che lo potrebbero essere in futuro, perché ne starebbero richiedendo l’estensione. Inoltre, il segretario dei metalmeccanici ritiene che i pensionati non debbano votare, e chiede che durante le assemblee possano esprimersi, in modo paritario, le due posizioni contrapposte.
Ecco la proposta di Landini: «Nel referendum – dice il leader della Fiom – dovranno essere coinvolti solo i lavoratori di aziende che firmano contratti con Confindustria. Così era accaduto anche per l’accordo del 28 giugno, e mi pare giusto che non votino non solo i pensionati – per cui ho rispetto, ma che non sono interessati a quei contenuti – ma anche tutti quei lavoratori che potrebbero applicare quell’intesa in futuro. E il motivo è semplice: che senso ha chiedere la consultazione su un testo, se nel frattempo si presuppone che altri già vogliano applicarlo? A che cosa servirebbe il primo voto? Sicuramente non sarebbe libero».
Ancora, secondo Landini «dovranno essere rappresentate nelle assemblee, in modo paritario, entrambe le posizioni: e si dovrà votare solo alla fine, aprendo le urne tutte contemporaneamente, facendo registrare e certificare il voto da commissioni elettorali in cui siano presenti i rappresentanti del sì e del no. Come avviene in tutte le votazioni e i referendum che svolgiamo normalmente da cittadini».
Queste notazioni non sono da poco: perché in effetti in Cgil si vota in modi, per così dire, un po’ anomali. A parte il Congresso – che in effetti è regolato meglio, seppure non esente dal rischio brogli – in molte assemblee si procede per semplice alzata di mano; vige ancora il balzano principio per cui viene rappresentata solo la posizione maggioritaria; non si registrano e certificano i dati. Un caos che ovviamente rischia di favorire il più forte, e rispetto al quale il maggiore sindacato italiano dovrebbe finalmente decidere di evolversi, traghettandosi verso una democrazia compiuta.
A sostenere la necessità di un balzo in avanti è anche Nicola Nicolosi, segretario confederale che si è distaccato in questa vertenza dalle posizioni di Camusso, avvicinandosi a quelle di Landini: «La storia cambia e devono cambiare anche le nostre abitudini: alle assemblee bisogna rappresentare tutte le posizioni, che paura abbiamo? E anch’io concordo sul fatto che debbano votare solo i lavoratori interessati». Il messaggio del segretario della Fiom è chiaro: «Se qualcuno vuole trasformare un normale referendum su un accordo in un plebiscito con regole non troppo trasparenti sta facendo una cosa sbagliata». Quindi la Cgil è avvisata. Di cosa? Nessuna scissione alle porte, Landini lo ripete in tutte le salse: «Non ci separiamo perché noi stessi siamo la Cgil: non siamo ospiti in casa d’altri, la Cgil è casa nostra e vogliamo cambiarla».
L’alternativa in piedi resta però sempre la stessa: se la Cgil dovesse metter su una consultazione non democratica, la Fiom non la riterrebbe legittima e vincolante. Quindi niente applicazione dell’accordo, e si innalzerebbe la conflittualità con le imprese: Camusso vedrebbe decadere l’armonia, costruita a fatica, con le altre firmatarie dell’intesa, ovvero Confindustria, Cisl e Uil.
La prossima mossa, a questo punto, tocca proprio a Susanna Camusso: che fino al 26 è in tempo per modulare e rimodulare la sua proposta al Direttivo. Intanto, per fare il punto, ha fissato per il 25 una riunione che sta già alimentando critiche e contestazioni: insieme agli altri 6 segretari nazionali della Cgil, escluso Nicolosi, ha convocato i cosiddetti «centri regolatori» del sindacato (ovvero la segreteria nazionale, quelle di categoria, e quelle regionali). L’invito però è solo per quelli che hanno detto sì all’accordo sulla rappresentanza, quindi esclusa la Fiom e lo stesso Nicolosi, che protesta: «È una scelta divisiva: si rischia di arrivare al Direttivo, il nostro parlamento, con un posizione politica già vincolata da altri organismi».
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