«Cantare è ascoltare». Ustad Saami, 75 anni, è l’ultimo interprete vivente del canto surti, un ubriacante sistema vocale poliglotta dalla storia millenaria e pluristratificata, che ancora emana un senso di estasi sfrenata e libertà pre-islamica che nel Pakistan odierno è di per sé una sfacciata professione di apostasia. È un’arte che lui sembra voler governare con la gestualità delle mani, a metà strada tra un praticante di qi gong, un suonatore di theremin e le conductions di Butch Morris, ma da seduto, mentre emette senza sforzi muscolari apparenti una tempesta di improvvisazioni microtonali in un labirinto di 49 note che...