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«L’ultima notte di Amore», guardie e ladri nella Milano noir

«L’ultima notte di Amore», guardie e ladri nella Milano noirPierfrancesco Favino una scena del film

Al cinema Andrea Di Stefano gira in 35mm un film che si snoda attraverso flashback e punti di vista paralleli, protagonista Pierfrancesco Favino

Pubblicato più di un anno faEdizione del 30 marzo 2023

Partiamo dai titoli d testa. Lunghi, chilometrici, realizzati con il drone, scelta che rischia di risultare stucchevole. Invece si viene catturati, risucchiati, come quando in aereo per la prima volta si vede la città sottostante, si comincia a riconoscere qualcosa, anche se lì non si è ancora mai stati. Il tutto prima di arrivare alle finestre di un appartamento vicino alla stazione centrale.

MEZZI TECNICI nuovi per una tecnica amata da Hitchcock cui piaceva portare lo spettatore quasi a spiare all’interno degli appartamenti da cui prendeva origine la narrazione. Comincia così in maniera piuttosto avvincente L’ultima notte di Amore, che sin dal titolo gioca con il cognome del protagonista Franco Amore, poliziotto, da 35 anni, spesi anche in situazioni rischiose eppure trascorsi senza mai avere dovuto sparare un colpo.

Una persona perbene, a un giorno dalla pensione, infatti a casa gli hanno preparato una party a sorpresa per festeggiare con amici e parenti. E lì siamo arrivati con il drone. Succede però un imprevisto, Franco è richiamato con urgenza in servizio per un fattaccio con tanto di cadaveri legato a una manciata di diamanti che vede coinvolti vari protagonisti: poliziotti, carabinieri, cinesi, e chi più ne ha più ne metta. Da lì il film si snoda attraverso flashback e punti di vista paralleli che non sarebbe giusto svelare se non rovinando il piacere della scoperta. Quel che si può dire è che Franco è sposato con Viviana, di origine calabrese, con qualche parente non proprio irreprensibile.

Ma a lui non importa, è innamorato e ricambiato, anche se lei lo considera talvolta un po’ troppo bacchettone, visto come per altri sia facile mettere insieme discrete quantità di denaro. Poi ci sono i cinesi, comunità molto presente a Milano al punto che il cognome Hu si contende il primato coi Brambilla, Colombo e Fumagalli. Inutile dire che una frangia di loro preferisce agire in maniera non proprio cristallina. Mettendo in relazione questo sfondo con il suo protagonista Andrea Di Stefano, autore anche della sceneggiatura, confeziona un noir ligio ai canoni, con alcune sequenze piuttosto inconsuete per la nostra cinematografia (è sulla tangenziale che avviene il fattaccio) che di solito è piuttosto sbrigativa nelle scene complesse e dispendiose. Di Stefano invece insiste, come ha insistito con i produttori per usare la pellicola piuttosto del digitale.

SIN QUI TUTTO BENE, come l’interpretazione di Favino che aggiunge sempre qualcosa ai personaggi che deve rappresentare sullo schermo, anche se i problemi del film nascono proprio dalle scelte di sceneggiatura del suo personaggio che suonano se non proprio inspiegabili quantomeno improbabili. Così come alcuni personaggi secondari rischiano di tradursi in figure stereotipate. Certo, il cinema è finzione, anzi, per scomodare ancora il vecchio Hitchcock «il cinema è la vita senza le parti noiose» e L’ultima notte di Amore cerca di eliminare le parti noiose per puntare tutto sul cinema, a costo di forzare la realtà.

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