Alias Domenica

Luisetti, dare voce alle rocce

Vìride. Critica del giardino Federico Luisetti, "Essere pietra. Ecologia di un mondo minerale", Wetlands

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 24 dicembre 2023

In un contesto di piena crisi ecologica dominato ormai da ansie climatiche, sensi di colpa ambientali, nostalgie per ecosistemi a rischio o già scomparsi, si afferma per barlumi la coscienza di dover ripensare forme e categorie interpretative dei modi in cui condividiamo il pianeta con molti soggetti non-umani, altre specie di viventi, ma anche entità litiche, acquatiche, atmosferiche.
Riprendendo il titolo di un breve testo dove Italo Calvino dà voce a una roccia che in soggettiva restituisce il suo punto di vista sul mondo, Federico Luisetti, nel solco degli studi post- umanistici, proprio a partire dalla soggettività litica prende in conto il campo relazionale dove gli esseri umani si definiscono attraverso il loro rapporto con il mondo non umano. Una ecologia della vita che mette in crisi la distinzione tra quella organica e l’esistenza inorganica: Essere pietra Ecologia di un mondo minerale (Wetlands, pp. 112, € 16, 00).
Una visione della natura dove presenze naturali come montagne, fiumi e foreste vengono sussunte nel concetto antropologico degli esseri-terra. Soggetti politicamente rilevanti, con capacità di agire, esistenze multiple dai tratti compositi, risultanti della sfera naturale come pure catalizzatori di mitografie e rituali, entità non umane da considerare – assieme alla natura composta degli altri esseri viventi, animali, piante, funghi – soggetti ecopolitici. Montagne e ghiacciai, ma anche corpi geologici, massi erratici, concrezioni sferiche di arenaria, pietre sacre, sassi modellati da fiumi.
Dalle pietre scheggiate del paleolitico – che, secondo l’archeologia cognitiva di Lambros Malafouris, nel rapporto stretto mano-pietra della fabbricazione degli strumenti litici hanno strutturato la percezione e il pensiero umano per modificare l’ambiente – ai lapidari, dalle leggende di pietrificazione alla più recente Land art, a Penone, l’universo litico, con il suo persistere oltre la misura dell’umano ha da sempre significato anche nell’ambito della cultura occidentale (e ben altrimenti in Oriente) una imprescindibile alterità.
Soggetti non biologici la cui esistenza contempera inconciliabilità nell’essere e mette in discussione la concezione biocentrica della vita e della persona, soggetti che peraltro resistono all’estrattivismo planetario della globalizzazione neoliberale della natura, come confermano tante lotte indigene contro le privatizzazioni dei beni comuni.
Alternativo al paradigma della competizione tra individui biologici autonomi, è l’approccio multispecie e collaborativo della simbiosi universale dove agli organismi biologici si riconosce un’identità composita che supera confini tra specie e individualità. E non è un caso che diversi innovativi studi recenti su intelligenza, socialità e sensibilità delle piante insistano sul tema della comunicazione tra specie, in un consesso della vita dove si è piuttosto parte di alleanze e scambi orizzontali.
Con la loro dimensione ibrida e irriducibili alle forme di individualità caratteristiche degli organismi biologici, gli esseri-terra, mettendo in relazione mondi tra loro diversi, obbligano a ripensare la frattura tra natura e società operata da un pensiero coloniale ed evidenziano la dimensione relazionale del mutuo determinarsi – tra esseri naturali, umani, formazioni geologiche, entità inanimate – attraverso pratiche fondate su attenzione e reciprocità. Così, essere soggetti ecologici, sociali e politici ed essere persone «sono esperienze che non coincidono».
Già Spinoza indicava una nozione più ampia e inclusiva di «soggettività che si spinge oltre l’idea occidentale di persona». Ridefinendo percezione della natura e ambiti della soggettività, a partire dalla dimensione cosmica del mondo litico cui appartengono, gli esseri-terra aiutano, en passant, anche a restituire alla vita biologica sulla terra la sua misura di breve parentesi.

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