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L’Ue vuole ridurre gli imballaggi in tre mosse

L’Ue vuole ridurre gli imballaggi in tre mosse

Regolamenti Secondo la Commissione, si dovrebbe puntare su riduzione, riuso e riciclo

Pubblicato più di un anno faEdizione del 30 marzo 2023

Di fronte a un fallimento made in Ue, con 180 kg annui pro capite di rifiuti di imballaggio prodotti in media da ogni cittadino (con un aumento del 20% negli ultimi dieci anni), la proposta di Regolamento presentata alla fine del 2022 dalla Commissione europea si pone tre obiettivi principali.

PRIMO, PREVENIRE la produzione di rifiuti di imballaggio: ridurne la quantità limitando il ricorso ai monouso, applicare sistemi di riutilizzo e di ricarica degli imballaggi e contenitori, via i completamente inutili, standardizzare i formati, soluzioni compostabili per alcuni prodotti, percentuali di riuso anche per gli imballaggi terziari. Secondo: rendere riciclabili tutti gli imballaggi sul mercato entro il 2030. Infine: imporre quantità minime di materie riciclate nei nuovi involucri e contenitori. Altro che «affossare la fiorente industria del riciclo», come hanno accusato industriali, consorzi e politici italiani.

PROPRIO IN ITALIA, 7 miliardi di contenitori per bevande (acqua, bibite, birre, succhi, alcolici) sono dispersi nell’ambiente oppure smaltiti con i rifiuti indifferenziati, in discarica o negli inceneritori. Il fenomeno è in aumento dovunque. Il rapporto di Greenpeace L’insostenibile peso delle bottiglie di plastica (2021) chiedeva, come ricorda Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento, di ridurre entro il 2025 del 50% il quantitativo di bevande venduto in contenitori usa e getta e di introdurre in Italia di un sistema di deposito.

UN SISTEMA OBBLIGATORIO di deposito cauzionale per i contenitori monouso – in plastica, alluminio, vetro – per bevande è la richiesta fatta all’Italia della campagna «A Buon Rendere – molto più di un vuoto», promossa dall’Associazione dei comuni virtuosi (150 aderenti) insieme alle principali ambientaliste associazioni nazionali e molti attori locali. Il sistema Drs prevede che all’atto dell’acquisto il consumatore paghi una piccola cauzione completamente rimborsabile al momento della restituzione dell’imballaggio vuoto, presso una rete di punti di raccolta capillare, situata presso la Gdo e negozi indipendenti.

«L’ESPERIENZA DEI 13 STATI membri dell’Unione europea che hanno un sistema di questo tipo dimostra che non è possibile arrivare a raccogliere il 90% dell’immesso al mercato solamente attraverso la raccolta differenziata porta a porta. Ma intercettare tutti gli imballaggi immessi al consumo è necessario: evita uno spreco di risorse, riduce l’inquinamento legato ad altre forme di smaltimento e quello conseguente alla dispersione in natura e nei mari, in un paese come l’Italia povero di materie prime», sottolinea Silvia Ricci, coordinatrice della campagna «A buon rendere», richiamando anche la necessità di raggiungere gli obiettivi europei della direttiva Ue (sulla plastica monouso), ovvero raccogliere al 2029 il 90% delle bottiglie in Pet, ripresi e allargati nella nuova proposta di Regolamento.

ALLA FINE DEL 2023, il sistema Drs dovrebbe interessare 500 milioni di abitanti del pianeta, secondo il rapporto Global Deposit Book 2022. Per il Drs, finanziato dall’industria e dai rivenditori di bevande, non viene richiesto un contributo pubblico. In Germania un deposito pari a 0,25 euro permette di intercettare il 98% dei contenitori immessi sul mercato.

L’ITALIA È L’UNICO PAESE a opporsi a un sistema cauzionale adducendo danni economici che, fa notare Silvia Ricci, «non sono suffragati da dati e studi resi pubblici. Andrebbe inoltre quantificata la mancata valorizzazione di materiali preziosi che dopo un solo utilizzo non rientrano nei cicli. E non dimentichiamo che i Comuni (e i contribuenti) si fanno carico al 100% dei costi dovuti alla gestione dei rifiuti indifferenziati e della rimozione di quelli dispersi, oltre alla perdita dei corrispettivi che invece arriverebbero dal Conai qualora i contenitori fossero conferiti nella differenziata».

IL DEPOSITO CAUZIONALE insegue miliardi di usa e getta ed è finalizzato al loro riciclo industriale. Invece il vuoto a rendere – finora gestito in maniera volontaria – si basa sui contenitori ricaricabili e riutilizzabili, soprattutto in vetro ma anche in Pet. In certi paesi i due sistemi coesistono, utilizzando magari la stessa infrastruttura.

Anche se, come spiega lo studio What We Waste della piattaforma internazionale Reloop, il ricorso a contenitori riutilizzabili è diffuso più che altro fuori dall’Europa (la Germania fa eccezione). Per Giuseppe Ungherese, «una volta stabilito il circuito capillare per la raccolta, il passaggio ai contenitori riutilizzabili può diventare ancora più conveniente rispetto al tenere in piedi un circuito di riciclo». Purché le voluminose bottiglie rese con diligenza non occupino camion energivori in troppo lunghi viaggi di ritorno alla base.

MA IL MODELLO DI CONSUMO espresso da 17 miliardi di litri di bevande consumate ogni anno in Italia, per citare solo quelle analcoliche compresa l’acqua, è sano e perpetuabile? Prevede il via vai di tanti mezzi di trasporto per veicolare – imballatissimi – volumi di acqua (in alternativa al rubinetto), o soft drinks non salutari (acqua con additivi), o altre bevande riducibili o sostituibili da home made.

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