Europa

L’Ue si chiude, Schengen è sempre più un ricordo

L’Ue si chiude, Schengen è sempre più un ricordo

Pandemonio Oggi il Consiglio europeo decide la sospensione degli ingressi in Europa per trenta giorni

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 17 marzo 2020

«Dobbiamo dire la verità ai cittadini: sarà una crisi seria, lunga e difficile. Dobbiamo serrare i ranghi». Quando parla, il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha appena finito un vertice tenuto in videoconferenza con i leader del G7 mentre per oggi ha convocato un consiglio straordinario con i capi di Stato e di governo europei dove si discuteranno nuove misure per contrastare la diffusione del Coronavirus: «E’ fondamentale fare di tutto per contenere i contagi», spiega Michel. «Bisogna garantire le forniture di attrezzature mediche, sostenere la ricerca e limitare il più possibile i danni all’economia».

E’ l’annuncio che verranno adottate misure ancora più rigorose nella speranza di contenere l’epidemia. E tra queste c’è la decisione di chiudere l’Unione europea al resto del mondo, decretando lo stop temporaneo dei viaggi non essenziali nell’Unione. La misura verrà decisa nel vertice di oggi, durerà trenta giorni (salvo rinnovo) e riguarderà tutti i Paesi che non fanno parte dell’area Schengen. «Lo facciamo per non far ulteriormente diffondere il virus dentro e fuori il continente e per non avere potenziali ulteriori pazienti che pesino sul sistema sanitario dell’Ue», spiega la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Dalla restrizione è esclusa la Gran Bretagna, che nonostante la Brexit continuerà fino al 31 dicembre a far parte dell’Unione.

Nella decisione dei vertici europei c’è sicuramente l’intenzione di contenere il contagio , ma anche la speranza di riuscire in questo modo a salvare quanto rimane del trattato di Schengen, messo sempre più a rischio dalle scelte fatte dai singoli Stati di ripristinare i controlli alle frontiere. Sono nove quelli che finora hanno comunicato alla Commissione Ue l’intenzione di chiudere i propri confini. Si tratta di Germania, Danimarca, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Lituania, Estonia e, dalla mezzanotte di ieri, anche la Spagna. A questi si aggiungono poi Svizzera e Norvegia che fanno parte di Schengen pur non appartenendo alla Ue. «La Commissione ritiene che chiudere le frontiere non è necessariamente il modo migliore di garantire un ulteriore contenimento dell’epidemia all’interno dell’Unione europea» spiegava, inutilmente, in mattinata un portavoce della Commissione. Che ieri ha comunque diffuso delle linee guida alle quali gli Stati membri dovrebbero attenersi.

Tra le misure decise sono previsti controlli sanitari alle frontiere esterne dell’Unione dove sarà consentito sottoporre a screening tutti «i cittadini Ue e non Ue» che intendono entrare nell’area Schengen. Per i Paesi sarà inoltre possibile vietare l’ingresso a chi dovesse mostrare sintomi pertinenti o che risulti essere stato esposto al virus.

Ma lo stop alle persone non deve assolutamente riguardare anche le merci, raccomanda la Commissione preoccupata da un possibile rallentamento dei rifornimenti di cibo e di materiali sanitari. Un anticipo di quanto potrebbe accadere lo si è visto già ieri, quando ai valichi di frontiera si sono create lunghe code di camion rimasti fermi per ore a causa dei controlli. Proprio per evitare queste situazioni la Commissione ha quindi raccomandato agli Stati la creazione di corsie prioritarie per il trasporto delle merci, per le quali non è previsto che vengano imposte ulteriori certificazioni in aggiunta a quelle già esistenti.

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