«L’Ue ha norme rigide, i filtri solari sono sicuri»
Intervista L'esperta Cecilia Baraldi
Intervista L'esperta Cecilia Baraldi
Non è semplice orientarsi nel mondo della cosmetica, in particolare quando si affronta il discorso della protezione solare. Basti pensare che negli Stati Uniti questo genere di prodotti non rientrano nella categorie cosmetici, ma in quella dei farmaci. Per orientarci in questo tema complesso, abbiamo incontrato la dottoressa Cecilia Baraldi del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia, docente del corso di Prodotti cosmetici per il corso di laurea in Farmacia.
Quali consigli si possono dare nell’acquisto di una crema solare?
L’Ue stabilisce un elenco di filtri solari, ammessi nei prodotti cosmetici in quanto ritenuti efficaci e sicuri sulla base della letteratura scientifica disponibile. Al momento sono autorizzati 29 filtri solari e per ognuno sono stabiliti i limiti di concentrazione entro i quali sono ritenuti sicuri. Ci sono poi liste, siti e posizioni non ufficiali che indicano quali, all’interno di questo elenco, siano le molecole più fotostabili, e quindi più efficaci nella fotoprotezione, quelle più dermocompatibili o ecocompatibili, e quali invece siano più discusse. L’elenco ufficiale viene periodicamente aggiornato sulla base dei progressi delle conoscenze scientifiche. La legislazione europea sui cosmetici ha come primo scopo la sicurezza dell’utilizzatore finale e, se emergono nuovi dati su rischi associati a un filtro, questo viene eliminato dalla lista dei filtri solari autorizzati, come accaduto al Paba nel 2009. I prodotti in commercio sul mercato europeo e conformi alle normative sono dunque validi. Il consumatore può orientarsi verso prodotti che oltre ai filtri abbiano formulazioni ricche di antiossidanti tipo vitamine C ed E, estratto di carota, the verde, per diminuire i danni della fotoesposizione. È bene poi a sera lavarsi sempre via accuratamente da corpo e viso il prodotto solare e dopo il bagno impiegare un doposole con ingredienti lenitivi, idratanti e antiossidanti.
Cosa ci può dire dei filtri fisici e della loro trasformazione in nano particelle?
I filtri inorganici, o filtri fisici, interagiscono con le radiazioni Uvb e Uva riflettendole, sono generalmente i più stabili e sono quelli che consentono di raggiungere indici Spf più alti. Il biossido di titanio e l’ossido di zinco sono gli unici ammessi. L’unico problema è che colorano di bianco la pelle. Per ovviare, si è ridotta la granulometria trasformandoli in nanomateriali. A queste dimensioni però le sostanze possono dimostrare caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche diverse. Mentre il materiale di partenza non permea attraverso la cute, questi lo fanno e sono biopersistenti, cioè li ritroviamo a lungo dopo il loro utilizzo sia nel corpo che nell’ambiente. Le conoscenze attuali sono inadeguate per stabilire se vi siano rischi associati ai nanomateriali. Ecco perché il Regolamento del 2009 ha richiesto una valutazione sulla sicurezza per questi ingredienti e obbligato i produttori a indicare in etichetta la loro eventuale presenza con la dicitura «nano» accanto al nome dell’ingrediente. Data questa incertezza la cultura della cosmesi biologica fa largo uso del principio di precauzione: se ci sono dubbi, meglio evitare.
Cosa ci dice dei filtri chimici?
I filtri chimici sono molecole di sintesi, definiti anche filtri organici, in quanto composti da carbonio, idrogeno e ossigeno. Interagiscono con i raggi Uvb e Uva assorbendone l’energia e passando a uno stato eccitato. La molecola può disperdere l’energia accumulata come calore o fluorescenza e tornare allo stato fondamentale per svolgere ancora la sua funzione (filtri fotostabili). Vi sono però anche filtri fotosensibili per i quali questa energia può determinare una rottura della molecola con generazione di sottoprodotti di cui poco si sa. Il filtro inoltre non sarà più attivo. Meglio dunque optare per filtri fotostabili.
Esistono olii naturali, come quello di cocco o di carota, che si possono utilizzare come alternative alle creme solari?
Alcuni oli vegetali possono vantare un fattore di protezione minimo e possono essere inseriti nelle formulazioni solari per migliorare l’indice di fotoprotezione, ma non possono certo essere impiegati da soli per tutelare la cute dai danni della fotoesposizione.
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