Lucio Dalla e Luigi Ghirri, il grande fotografo; ma anche Lucio Dalla e Lorenzo Mattotti, pittore e suo grande ammiratore con cui lavorò al cinema nel Pinocchio di Enzo D’Alò poco prima di morire, dopo essere stato Sancio Panza nel Quijote di Mimmo Paladino nel 2006. Fotografia e pittura sono le due strade attraverso cui il regista Jonny Costantino, con l’aiuto dello stesso Mattotti e di Angela Baraldi – cantante e attrice bolognese amica e frequentatrice di Ghirri e Dalla ovunque in viaggio nel mondo – , penetra in modo intrigante nel mondo del cantautore bolognese.

PARLIAMO di Dallarte, documentario di 97 minuti di Jonny Costantino, quarta fatica dopo il documentario di esordio nel 2006 Jazz Confusion e i due film narrativi La lucina del 2018 e Sbundo del 2020. Prodotto dall’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, il film approda alla Cineteca Nazionale di Bologna mercoledì 10 maggio (ore 20,00). La prospettiva del film è indagare il mondo di Dalla attraverso i suoi rapporti con l’arte. Ed è Lorenzo Mattotti a sottolineare l’aspetto cinematografico di Dalla: «Le sue canzoni sono tutte storie che ti prendono e ti emozionano un po’ come alcune scene di film di Pasolini».

MENTRE Angela Baraldi rimarca la capacità geniale del cantautore di incunearsi nei meandri dell’arte: «Lucio era un animale in grado di cacciare musica da un rotolo di carta igienica». E naturalmente non può che essere il grande rapporto di Dalla con il fotografo Luigi Ghirri uno dei centri più emozionanti del film.
I suoi stupendi scatti capaci di cogliere poesia da qualsiasi «margine» colpivano Dalla che li viveva con un’affinità profonda: «Le sue fotografie – diceva – hanno un loro suono interno, un inciso, un ritornello, un mixaggio». Anche se nessuno come Ghirri ha stupito tutti per il suo modo apparentemente distratto di fotografare. Nei paesaggi, filmati da Costantino a mo’ di «pennellate» che restituiscono un mix di un rapporto seducente tra fotografia, pittura e musica, colpiscono i luoghi frequentati da Lucio con il toccante «ritorno» a Bologna.
«Se Lucio Dalla fosse un colore sarebbe quello delle case di questa città» dice Mattotti, mentre il cimitero monumentale della Certosa ci restituisce la tomba dove è sepolto tra Carducci e Morandi. E la musica ammaliante di Gionata Mirai accompagna un film che segna un’altra tappa nel tragitto «sperimentale» di questo regista.