Spettò alla generazione di Luciano Caramel (Como 1935 – Erba 2022) legittimare lo studio della storia dell’arte a livello universitario, con un impegno storiografico che affiancava la critica militante come imprescindibile supporto.
Non fu tanto l’esperienza di Campo Urbano – da lui organizzato a Como nel 1969 con una pionieristica uscita dai luoghi canonici dell’arte per irrompere nello spazio pubblico – a fare da palestra a questo fruttuoso cortocircuito, ma la scoperta di Medardo Rosso, argomento della sua tesi di laurea discussa con Gian Alberto Dell’Acqua nel 1958, che poteva mostrare un’inaspettata continuità con le esperienze informali compiute dai suoi coetanei.

SI STABILIVA QUI, infatti, un nesso cruciale fra Otto e Novecento che avrebbe trasmesso in maniera decisiva ai suoi moltissimi allievi, sia nei lunghi anni di insegnamento presso le accademie di belle arti (a Carrara prima; poi all’Albertina di cui fu direttore; infine, a Brera; esperienze da cui sarebbe nato il libro a quattro mani con Francesco Poli sulla questione delle accademie in Italia) ma soprattutto dopo essere tornato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove si era formato. Da lì, il suo impegno nella formazione delle giovani generazioni, unito a uno stretto legame con il sistema delle arti cittadino, e non solo, ne avrebbe fatto un punto di riferimento per generazioni di artisti e di esordienti storici dell’arte. Si potrebbe prendere il coordinamento volume su Arte in Italia 1945 -1963, sotto questa luce, come uno dei punti più alti di questa traiettoria.

È ALLA LUCE di questi fatti che si deve leggere il suo lungo e costante impegno per la difesa e la riscoperta delle radici storiche dell’arte astratta, individuando nelle ricerche documentarie intorno a questa tendenza, con attenzione particolare per la stagione compresa fra le due guerre, un filone d’indagine elettivo. Ecco dunque gli studi sul gruppo comasco, un campo ancora vergine da arare quando se ne fece carico, e portato alla stesura dei primi cataloghi ragionati su singoli protagonisti di quella vicenda. Basta infatti sfogliare il volume dei suoi scritti su questi temi, pubblicato da Electa nel 2021 per le cure di Francesco Tedeschi, per avere contezza dell’ampiezza della prateria che lo studioso comasco aveva aperto al campo degli studi, dove ancora fatica a entrare, a volte, l’idea che sia esistito in qualche modo un astrattismo italiano.

L’ATTENZIONE AL PASSATO, però, era svolta con uno sguardo attento al presente, avendo cura di studiare con lo stesso impegno e la stessa sensibilità le esperienze dei suoi coetanei che avevano imboccato la via delle ricerche aniconiche. Aveva riservato un occhio particolare, però, anche per gli studi sulla scultura, altro campo su cui non c’era ancora stato un interesse specifico altrettanto intenso da parte delle generazioni precedenti. Della militanza, in fondo, sopravviveva l’approccio per via di intuizione: quello che sapeva indicare la via che andava percorsa.