Luciana Castellina, l’edile numero 33
Roma, 9 ottobre 1963, tra piazza Venezia e piazza Santi Apostoli, grande manifestazione unitaria indetta dai sindacati degli edili di Cgil, Cisl e Uil per protestare contro la serrata proclamata dai costruttori.
Secondo la Questura di Roma questi i fatti: «al termine del comizio tenuto dai sindacati edili al Colosseo, verso le 14 e 15, tutti gli scioperanti che erano convenuti si sono incolonnati portandosi in Piazza Santi Apostoli. Nel frattempo nelle masse evidentemente sobillate da attivisti e teppisti sono cominciati i primi fermenti di nervosismo che hanno costretto le forze di pubblica sicurezza, schierate dinanzi al palazzo dove ha sede l’Acer (l’associazione romana dei datori di lavoro edili) a subire reiterate cariche con tentativi di sfondamento del portone».
Esistono filmati della manifestazione del 9 ottobre del 1963, e fotografie. Quei «primi fermenti di nervosismo» sono immediatamente affrontati dal lancio di lacrimogeni e dai potenti getti d’acqua degli idranti, investiti dai caroselli delle camionette dei reparti della celere, colpiti dai violenti assalti di drappelli di poliziotti che si fanno largo a manganellate e da celerini che isolano con eccesso di violenza gruppi di manifestanti e operano ben cinquecento fermi.
A sera, nella caserma di Castro Pretorio, i prelevati saranno sottoposti, uno per uno, a duri interrogatori al termine dei quali si disporrà l’arresto di trentatré edili, subito trasferiti nelle patrie galere.
Il trentatreesimo edile assicurato alla giustizia, unico all’anagrafe di sesso femminile, è Luciana Castellina.
Quel giorno di sessant’anni fa, la detenzione e il processo che ne seguirono, racconta Castellina nel suo ultimo libro L’edile numero 33. Le mani della Cia sull’Italia degli anni Sessanta che, con una Introduzione di Alessandro Genovesi, attuale Segretario generale della Fillea Cgil, e una nota di Felice Casson (Da Truman a Gladio, passando per il Piano Solo), Futura Editrice manda in libreria.
Scrive Castellina: «Ero alle Botteghe Oscure, da poco funzionaria del Pci, presso la sezione femminile allora diretta da Nilde Jotti, proveniente da una lunghissima militanza nella Fgci, dove avevo anche diretto il suo settimanale, Nuova Generazione, prima di fare un breve passaggio al quotidiano Paese Sera». Via delle Botteghe Oscure è assai vicina a Piazza Santi Apostoli, tanto che, prosegue il racconto, quando «sentii il suono ripetuto e affannoso delle sirene della polizia, botti, grida, e il fumo dei lacrimogeni che cominciò ad apparire al di là delle nostre finestre, mollai la scrivania e andai a vedere».
Il commissario – tal Barolicchia – all’opera in piazza Santi Apostoli, testimonia che quella sopraggiunta giovane donna lo aggredisce con intenzioni cruente. Ricorda Castellina: «la mia colpa, e il motivo dietro alla decisione di immobilizzarmi e trasportarmi in Questura, sarebbe stata quella di averlo picchiato con un ombrello e poi con calci, pugni, e morsi (morsi? Sì. Il testo ufficiale recita proprio così, e aggiunge che la mia vittima dovette chiamare in soccorso due suoi colleghi. Lo avevo spaventato!)».
Si deve dire, (a dar giusto merito al fiuto di Barolicchia), che la giovane donna (è una giornalista comunista), per ragioni politiche, non per incontenibile avversione nei confronti dei commissari di pubblica sicurezza, nel 1948, nel 1952 e nel 1956 aveva già goduto dell’ospitalità delle patrie galere. Una recidiva, insomma. Castellina narra: «Mi trovai accanto un agente che stava portando via un anziano edile che si divincolava nel tentativo di scappare e, d’istinto, gli misi la mano sul braccio, dicendo: ‘ma lo lasci andare’. Bastò questo perché, invece, il poliziotto portasse via anche me». Una delinquente comunista.
Già, i comunisti «attivisti sobillatori e teppisti». Nella piazza di quell’ottobre del 1963 sono all’opera elementi dell’Ufficio Rei del Sifar (diretto dal colonnello Rocca) e dell’organizzazione Gladio che persegue in Italia la strategia, puntualizza la nota di Casson, «messa a punto nel 1952 dal presidente Harry S. Truman (con il Piano Demagnetize): impedire che i ‘comunisti’ arrivino al potere, anche per via elettorale».
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