Lucca, l’effetto farfalla di chine e colori
Il taglio del nastro al Palazzo Ducale per l’inaugurazione delle mostre di Lucca Comics & Games si riconferma un momento emozionante non solo perché apre ufficialmente la grande fiera del fumetto e dei giochi, ma perché dà accesso ai mondi disegnati e agli immaginari di ospiti italiani e internazionali al centro della manifestazione. Ad aprire le danze è il sensei Yoshimata Amano, illustratore e character designer giapponese autore dei poster di quest’anno che omaggiano la musica di Giacomo Puccini con Tosca e Madama Butterfly. E proprio «The butterfly effect» è il motto di questa edizione, le cui mostre esplicitano come il caos creativo può essere sinceramente fecondo. L’esposizione dedicata a Carmine Di Giandomenico ripercorre le tappe della carriera del disegnatore, in bilico tra i Dylan Dog di Bonelli e le importanti collaborazioni con la statunitense Marvel Comic.
Nella sala del fumettista Kazu Kibuishi le pareti sono occupate dalle tavole originali dei nove volumi del suo Amulet, best seller internazionale, ripubblicato interamente da Il Castoro; si torna in Europa con la mostra Jubilé Hurlant, che ripercorre i cinquanta anni di vita editoriale della storica rivista francese Metal Hurlant, per arrivare a casa con la mostra che riunisce i 20 anni del Lucca Project Contest. Ampia e incisiva la presenza femminile nelle sale del lussuoso edificio storico: ci sono infatti la mostra dedicata a Francesca Ghermandi, vincitrice del Gran Guinigi durante la scorsa edizioni e la collettiva che riunisce tre giovani autrici nordafricane.
Curata da Veruska Motta e Annalisa Quilici, la mostra ospita i lavori di tre autrici: Takoua Ben Mohamed, Zainab Fasiki e Deena Mohamed. Per quanto distante nello stile, il linguaggio grafico delle tre autrici si fa veicolo delle parole e delle istanze di libertà richiamate nel titolo. Come ben esplicitato nel riuscito allestimento e nelle grafiche di sala, scelte, sogni e desideri affondano nella stagione delle rivoluzioni arabe della metà del decennio scorso. Ben Mohamed, di origine tunisina, vive in Italia dal 1999 quando la famiglia raggiunge il padre, esule politico fuggito dalla dittatura di Ben Alì. In mostra ci sono le tavole di Sotto il velo (Becco Giallo, 2016) una striscia che racconta con ironia la sua esperienza di adolescente italiana che porta il velo.
La riflessione sullo stigma sociale e l’auspicata possibilità di un dialogo sociale e interreligioso passano attraverso lo sguardo femminile anche quando dopo la rivoluzione, l’autrice può tornare in Tunisia e raccontare ne La rivoluzione dei gelsomini (Becco Giallo, 2018) la macchina della repressione, molto più accanita verso le donne. Anche nel lavoro della artivista marocchina Zaniab Fasiki la contestazione verso la repressione e l’ipocrisia patriarcale è centrale, così come la radice biografica della ricerca artistica. Da giovane laureata in ingegneria meccanica, Fasiki sperimenta sulla pelle il pregiudizio maschilista: il suo libro Hshouma (001 Edizioni, 2021) il cui sottotitolo recita «manifesto per la liberazione sessuale», affronta con coraggio la sistematica violazione dei diritti delle donne, discriminate in campo professionale e intellettuale, sessualizzate, abusate.
Nel 2022 Fasiki viene premiata con il Bravery Award al festival di Angoulême proprio per il coraggio del suo discorso artistico nel contesto culturale del proprio paese. In mostra ci sono i suoi dipinti gran formato: il corpo femminile è velato o nudo sotto lo sguardo e la decisione maschile, oppure liberato, in movimento, circondato dall’esplosione di colore di animali e fiori, consapevole delle dinamiche del proprio piacere e della sua potenza. Fasiki si è occupata delle lotte femministe in Iran nel suo ultimo libro, Iraniana che uscirà proprio in questi giorni in italiano per 001 Edizioni. Deena Mohamed è invece egiziana: il suo approccio al fumetto è di stampo satirico e il suo webcomic Qahera è dedicato a una supereroina velata «visibilmente musulmana» che lotta contro la misoginia insita alla cultura patriarcale del suo paese. Il suo graphic novel di esordio Shubbeck Lubbek. Ogni tuo desiderio, pubblicato da Coconino Press racconta di un Cairo (non troppo) ideale in cui i desideri si possono comprare, ma non proprio tutti sono di buona qualità. Con uno stile pop e molta ironia, l’autrice lancia la sua critica sociale contro il consumismo e il suo impatto sulla cultura tradizionale.
Più lungo e necessariamente più variegato è il percorso artistico di Francesca Ghermandi, illustratrice e fumettista che brilla tra le stelle nostrane, come dimostra la vera e propria galassia artistica esposta nella mostra curata da Stefano Prodiguerra e Pio Corveddu. Vincitrice del Gran Guinigi con I misteri dell’oceano intergalattico (Eris edizioni, 2023), il libro che ha segnato il suo ritorno in libreria dopo un decennio, Ghermandi è l’artista che spesso solo con matita a carta da fotocopia dà vita a personaggi la cui plasticità e espressività sembra rompere la pagina. Quasi una scultrice che riversa la terza dimensione nella linea, Ghermandi è una creatrice di caratteri, che come dice «hanno sempre qualcosa di me»: vale per Grenuord, che è morto ma si rifiuta di esserlo, o per Barney, il cagnolino naufrago che si mette in cerca della sua «rotella» e trova un intero equipaggio pronto ad affrontare un viaggio attraverso remote galassie. Sono i personaggi che si appropriano e generano le storie, come quelle della piccola Pastil, pubblicate a cavallo del millennio, e ripubblicate adesso da Eris edizioni.
Le tavole dei fumetti svelano l’incredibile esercizio tecnico ma il materiale in mostra spazia dalle animazioni in plastilina- con alcuni dei materiali utilizzati per realizzarle alle ceramiche che sembrano uscite da un suo fumetto- ai grandi tessuti stampati; dai cofanetti con serigrafie ai merchandise del Bologna Jazz Festival o quello per il committente giapponese Toyota; dalle varie illustrazioni di copertina (tra le quali spicca l’Ulisse di Roberto Piumini) allo storico poster dell’edizione 1998 di Lucca Comics. C’è un altro poster molto importante ed è quello con il personaggio Handala, creato del fumettista palestinese Naji Al Ali e reinterpretato da decine di illustratori, su un’idea promossa lo scorso autunno proprio dall’autrice. In mostra ci sono i qr code per scaricarlo e condividerlo. I curatori della mostra ammettono come sia stato un piacere attingere da quello che più che un archivio, si configura come un universo creativo, nel quale l’artista stessa ci accompagnerà nel documentario firmato da Luca Bitonte, a breve disponibile su Raiplay, di cui in mostra è visibile un promettente trailer.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento