Un patteggiamento concordato con la procura di Prato, che aveva posto come condizione l’effettivo pagamento di un risarcimento stabilito in circa un milione di euro, ha chiuso la prima tranche del processo per la terribile fine di Luana D’Orazio, l’apprendista operaia di 22 anni, mamma di un figlio piccolo, letteralmente ingoiata dall’orditoio dell’azienda tessile in cui lavorava. Il giudice per l’udienza preliminare Francesca Scarlatti, accogliendo la proposta di patteggiamento, ha comminato con la sospensione condizionale due anni di reclusione per Luana Coppini, titolare della Orditura Luana di Oste di Montemurlo dove il 3 maggio dello scorso anno avvenne la tragedia sul lavoro, e un anno e sei mesi per il marito Daniele Faggi, titolare di fatto dell’azienda.
Dopo la lettura della sentenza, la mamma di Luana, Emma Marrazzo, ha manifestato una comprensibile, composta amarezza: “Sono molto delusa. Speravo in una pena più giusta, aspettavo un po’ più di rispetto, qualcosa in più. Ho sempre detto no alla vendetta, volevo stoppare le morti sul lavoro ma ne avvengono ancora tante. Penso che le persone potranno commentare questa sentenza, non sarò io a farlo”. Proprio per cercare di contrastare la piaga degli omicidi sul lavoro, dopo la morte della figlia Emma Marrazzo si è data da fare, con incontri nelle scuole e presentazioni di libri come “Non si può morire di lavoro” di Raffaele Bortoliero, che racconta le storie di giovani vite falciate in ambienti lavorativi insicuri.
I reati di cui rispondevano Coppini e Faggi erano quelli di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche. Perché, come ha rilevato nel corso dell’inchiesta l’ingegner Carlo Gini, consulente della pubblica accusa, il macchinario era impostato per lavorare senza il sistema di sicurezza azionato. “La macchina presentava una evidente manomissione con un altrettanto evidente nesso causale con l’infortunio – ha rilevato l’ingegner Gini – e inoltre l’azienda utilizzava l’orditoio in maniera non conforme “per la presenza di una staffa fortemente sporgente anziché una con superficie esterna liscia, come previsto e fornito dal costruttore”. La stessa staffa su cui restarono incastrati i vestiti di Luana.
Al processo con rito abbreviato il difensore di Coppini e Faggi, l’avvocato Barbara Mercuri, aveva proposto il patteggiamento facendo presente che l’assicurazione dell’azienda, la Unipol, aveva già fatto partire i risarcimenti nei confronti della madre, del padre e del fratello di Luana, a cui si sarebbe aggiunto il risarcimento per il figlio di Luana con il via libera del giudice tutelare all’apertura di un conto corrente specifico, su cui girare la somma di denaro. In tutto un milione e 100mila euro, oltre ai 166mila già risarciti dall’Inail. Un ulteriore risarcimento potrebbe arrrivare anche in sede civile, dove si appelleranno il padre e il figlio della ragazza.
La tragedia di Luana tornerà comunque in un’aula di udienza penale, visto che il gup Scarlatti ha rinviato a giudizio, con le stesse imputazioni di omicidio colposo e rimozione dolosa di cautele antinfortunistiche, il tecnico manutentore esterno dell’orditura, Mario Cusimano. Per lui l’avvocato Melissa Stefanacci ha deciso di non ricorrere a riti alternativi, quindi nei prossimi mesi si aprirà un processo con rito ordinario. Un ulteriore approfondimento su una morte, avvenuta due giorni dopo il Primo Maggio, che provocò grande emozione in tutto il paese, e che ha portato fra l’altro giovani artisti a dedicare a Luana evocativi e ben visibili murales.