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L’Rain, la musica come medicina per l’anima

L’Rain, la musica come medicina per l’animaL'Rain – foto di Alison Prus

Live L'unica data italiana per l'artista afroamericana

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 12 marzo 2024

Unica data italiana a chiusura del tour europeo per Taja Cheek, da Brooklyin, al secolo L’Rain, protagonista nel 2023 di un disco, il suo terzo, I Killed Your Dog, che ha fatto drizzare le orecchie a chi segue con attenzione le vicende della contemporaneità afroamericana. L’artista fa tappa in una location storica, il Covo di Bologna, e si presenta in quintetto, con batteria, due chitarre, synth e sassofono: lei imbraccia basso, chitarra, canta e armeggia con dispositivi elettronici. Il risultato è un soul/r’n’b irrequieto e in perenne movimento, mosso da intenzioni avant e capace di accendersi spesso e volentieri in fuochi d’artificio free e noise.

IL BLEND messo a punto dalla band è speziato e contiene tanti ingredienti: languori ambient, febbre spiritual jazz, attitudine hardcore-punk, groove imprendibile, armonie appuntite, armonizzazioni di voci e molto altro ancora. Potremmo parlare di avantpop o di musica urbana libera, ispirata e consapevole, ricca di influenze e brulicante di vita. Se l’acustica del locale non aiuta a cogliere nitidamente tutti gli strati del suono pieno e caleidoscopico dei cinque, l’energia riesce comunque ad arrivare pienamente. In alcuni frangenti sembra di ascoltare un innesto alieno tra Weather Report e Beach Boys, in altri una risposta al femminile alle esplorazioni nel songwriting di Lonnie Holley, oppure un alter lego nero del pop oppiaceo di Animal Collective: il tutto condito da ruggini rock, carisma, voce bollente e celestiale. Il mood è febbrile, onirico, le canzoni restano tali nella forma ma si offrono in una veste espansa, dilatata, zeppa di fughe, trappole, deviazioni: un crossover di istanze e stili che mettono insieme tutto ciò che esce dal caos metropolitano e una tensione verso l’alto, verso un’idea di soul mutante.

Non mi interessa starmene in disparte. Immagino un mondo denso di contraddizioni, come sempre: sensuale, ma terrificante, bizzarro. L’Rain

L’apertura del live è affidata alla milanese Marta Tenaglia, cantautrice armata solo di una tastiera e talvolta sparsi beat. Presenta il suo ultimo lavoro, After Verecondia: si intravedono buone potenzialità ma per ora la proposta sconta un eccessivo tasso di calligrafia. Problema che invece non appartiene all’arte di L’Rain: «Non mi interessa starmene in disparte. Immagino un mondo denso di contraddizioni, come sempre: sensuale, ma terrificante, bizzarro».

DEDICATO al tema dell’amore e della perdita, l’ultimo album della musicista newyorchese la fa da padrone nella scaletta del live: dalla nenia folk obliqua e struggente di 5 To Hours A Day, che pesca in certe atmosfere care a Terry Callier, alle brume jazz di Our Funeral, dal gospel senza gravità della title-track all’incalzante soul digitale di Two Faces, dall’album Fatigue, del 2021. Sono ben più di due lati e vertici del poligono tracciato dal compasso di canzoni accoglienti e avventurose, capaci di far ballare e immaginare altrove possibili e remoti, tra sogni immersivi e futuribili e utopie languide. Musica come medicina, da assumere in dosi massicce, senza alcun effetto collaterale nocivo, se non la voglia di tornarci dentro ancora.

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