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«Love Lies Bleeding», un amor fou fra le periferie dell’America

«Love Lies Bleeding», un amor fou fra le periferie dell’AmericaKristen Stewart e Katy O’Brien in una scena di «Love Lies Bleeding»

Al cinema L’opera seconda di Rose Glass con Kristen Stewart e Katy O’Brien, tra white trash e citazioni gore. Il New Mexico degli anni Ottanta, il gender, gli oscuri segreti famigliari

Pubblicato 22 giorni faEdizione del 19 settembre 2024

Con la sua premessa perfetta per un noir hollywoodiano anni Quaranta (la qualità dell’hard-boiled più Jim Thompson che Raymond Chandler), rivista secondo le iperboli comico/crudeli dei fratelli Coen e aggiornata alle gender politics del contemporaneo, Love Lies Bleeding, rientra nel filone dell’Americana filtrata dallo sguardo europeo di cui fanno parte Bones and All di Luca Guadagnino e molto cinema di Nicolas Winding Refn. Il secondo lavoro di Rose Glass (la regista inglese del thriller psicologico Saint Maud, del 2019) presentato nella sezione dei film di Mezzanotte di Sundance 2024 e subito dopo fuori concorso a Berlino, è anche une versione d’oltre Manica della nuova onda del body horror francese coniata da Julia Ducornau e Coralie Fargeat.

E infine, con l’ambientazione nel cuore di un hinterland white trash abbandonato a sé stesso, Glass guarda alla paternità spirituale di Quentin Tarantino (True Romance, Natural Born Killers di cui aveva scritto la sceneggiatura originale) e David Lynch (Blue Velvet, Wild at Heart) per questa sua storia di amour fou lesbico, culturismo e crimine, ambientata in una scassata cittadina del New Mexico, negli anni Ottanta. Kristen Stewart è Lou manager di una fetida palestra che scopriamo essere di proprietà di suo padre (Ed Harris), un orco dai capelli lunghi fino alle spalle che possiede anche un poligono di tiro, dietro a cui nasconde un’attività di export di armi e parecchi cadaveri seppelliti in una profondissima gola del deserto.

LA DEPRESSA routine di Lou (che incontriamo mentre sta sturando con le mani il water della palestra, e che fuma come una ciminiera) viene improvvisamente ravvivata dall’apparizione di Jackie (l’ex poliziotta e body builder Katy O’Brien, già apparsa in The Walking Dead), aspirante culturista dall’Oklahoma, con una nascosta vena rabbiosa che la trasforma in un incrocio tra la donna alta cinquanta piedi del cult film di Nathan Hertz (The Attack of the Fifty Foot Woman, 1958) e l’incredibile Hulk. Tra le due scoppia una fiammeggiante storia di sesso e amore da cui scaturisce però anche una catena di incidenti che coinvolgono la sorella di Lou (Jena Malone), il suo manesco marito (Dave Franco), una ex amante e – alla fine di un tunnel che si fa di minuto in minuto sempre più buio – il temibile papà. Stewart e O’Brien – una tutta spigoli, l’altra pneumatica – sono ottime nel crescendo sempre più paradossale di gore. Come loro il resto del cast.

MA IN QUESTO film ben fatto (alla fotografia Ben Fordesman e le musiche sono di Clint Mansell), molto hip e spesso divertente, mancano un’anima, un arco morale e un’idea di fondo che non sia in qualche modo citazionista. Il luogo e il genere di riferimento poco di più di strumenti decorativi. Il che è un peccato: per rendere giustizia al gotico americano, in tutta la sua irrazionalità splatter (letteralmente e metaforicamente parlando) bisogna conoscerlo e sapere amarlo almeno un po’.

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