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Louise Kennedy, Belfast 1975, brutale candore sulle barricate

Louise Kennedy, Belfast 1975, brutale candore sulle barricateMichael Boran dalla serie Parallel Lines, 2008

Scrittrici irlandesi Naturalismo graffiante e nitore della prosa servono a Louise Kennedy per accostarsi, sullo sfondo irlandese dei «Troubles», a personaggi presi nel vortice della Storia: «Certi sconfinamenti», da Bollati Boringhieri

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 18 settembre 2022

Ricalcando un topos la cui tradizione è consolidata, la cosiddetta letteratura dei Troubles, dove viene messo in scena il confitto settario che fra la fine degli anni Sessanta e gli anni Novanta insanguinò il Nord Irlanda assumendo le proporzioni di una vera e propria guerra a bassa intensità, Louise Kennedy – già autrice di una raccolta di racconti, The End of the World is a Cul De Sac – allestisce la trama avvincente (ancorché prevedibile) del suo primo romanzo, Certi sconfinamenti (traduzione di Benedetta Gallo, Bollati Boringhieri pp. 314, € 18,00), facendovi rifrangere una voce femminile audace e le tonalità crude di un naturalismo graffiante.

Un amore difficile
I riferimenti materiali all’ambientazione e i profili incisivi dei personaggi ricevono vitalità e consistenza dagli evidenti parallelismi fra le esperienze della protagonista e la biografia dell’autrice, anch’essa cresciuta sul lago di Belfast e costretta a trasferirsi nella Repubblica con la propria famiglia, in seguito a pesanti intimidazioni da parte dei paramilitari lealisti. L’azione si svolge nella Belfast del 1975 e si intreccia alle paure, al senso di responsabilità, agli slanci e ai desideri sollecitati in una giovanissima maestra dall’amore che la unisce, in un crescendo irresistibile, a un avvocato sposato e col doppio dei suoi anni.

Gli snodi principali del romanzo si sviluppano dunque a partire dal più classico degli amori sulle barricate: cattolica ma non repubblicana militante lei, protestante ma strenuo difensore dei diritti civili lui. Limpida e priva di censure, la scrittura procede a una ricostruzione fisica degli eventi deliberatamente allusiva e concentrata su dettagli minuti, talvolta scabrosi e in varia misura simbolici.
Secondo molti critici, nella franchezza espositiva e nel nitore dei risvolti sociali garantiti da questa prospettiva sta la cifra stilistica della narrativa femminile contemporanea irlandese, da alcuni anni molto tradotta, grazie all’attrazione esercitata dalle versioni di una Irlanda più autentiche e plurali di quelle in passato affidate a cliché espressivi, innervati da immagini troppo riconoscibili. Pur richiamando motivi e stilemi della poesia di Seamus Heaney e dei romanzi di Glenn Patterson e Bernard MacLaverty, Certi sconfinamenti è più direttamente accostabile alle opere di autrici affermatesi recentemente: Caoilinn Hughes, Anna Burns, Lucy Caldwell e Sinéad Gleeson, nonché alle scrittrici della generazione precedente come Deirdre Madden ed Anne Enright, oltre alla decana delle lettere irlandesi, Edna O’Brien.

Nei dialoghi del romanzo la protagonista, Cushla, ostenta una certa risolutezza, spesso reagendo a quel disagio interiore che la sollecita a non mostrarsi intimidita dal confronto, non solo retorico, con chi si presume in qualche modo a lei superiore. Se nelle pagine di Certi sconfinamenti le dinamiche psicologiche della sopraffazione cui sono soggetti i cattolici del Nord Irlanda sono descritte con candore efficace – magari sorprendendo chi è digiuno della brutalità di quel contesto – in modo ancora più penetrante viene mostrato come le asimmetrie sociali e la violenza di cui queste si nutrono e con cui si perpetuano innescano insicurezze anche nei carnefici, sviluppando in loro, fin da ragazzi, quella sorta di obbligo morale che si risolve nella prevaricazione dei più deboli. Essa viene perpetrata, ovviamente, nei gruppi sociali più vulnerabili, come quello dei bambini in balia a istituzioni scolastiche repressive o delle giovani donne messe a confronto con una mentalità patriarcale diffusa in entrambi i fronti, cattolico e protestante. In queste circostanze, la franchezza narrativa di Louise Kennedy riflette una sedimentazione profonda del risentimento politico, classista, di genere e generazionale.

Le bombe viste dai bambini
A pungere, e quindi a far riflettere, non è la cronaca in sé delle bombe, dei delitti e dei pogrom, che pure scandiscono la storia, spesso nel resoconto innocente degli alunni di Cushla, bensì la normalizzazione di questo incubo da parte dei bambini. Durante un viaggio in treno, ad esempio, Louise Kennedy fa chiedere a una voce infantile: «Mamma, quando esce di prigione papà?» Oppure una signora per strada osserva: «Io un cane non lo vorrei mai. Con un cane le possibilità di trovare un cadavere sono molto più alte». Intrecciando denunce e spunti ironici, resoconto storico e sviluppi sentimentali, Kennedy tratteggia la caduta di individui stritolati nelle loro aspirazioni dall’inferno dei Troubles, un inferno già noto ma non ancora compreso e tantomeno superato.

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