L’ottimismo programmatico dei Lumineers
Note sparse Wayne Schultz e Jeremiah Fraites tornano alla ribalta con «Brightside»
Note sparse Wayne Schultz e Jeremiah Fraites tornano alla ribalta con «Brightside»
«Non so dove siamo, ma andrà tutto bene» canta Wesley Schultz in Where We Are, rilanciando uno slogan che aveva riscosso un certo seguito un paio di anni fa. Caparbiamente fiduciosi, i Lumineers — nomen omen — puntano il dito sul lato più solare di un folk-rock la cui bilancia pende decisamente verso il secondo termine. Ben più elettrico rispetto ai tre lavori precedenti, Brightside, manifesto di ottimismo in nove punti redatto dal duo Schultz-Fraites e prodotto da Simone Felice per Decca. Mezz’ora esatta di musica, con title track e Reprise a fare da summa filosofica, chiave di lettura per gli altri sette brani, caratterizzati da assoluta concisione. In Remington — un parente americano degli U2 di Sunday Bloody Sunday — il cronometro non raggiunge neanche i due minuti; A.M. Radio gioca al risparmio fino al ritornello, mentre Never Really Mine, iscrive «essenzialità» tra le parole d’ordine dell’opera. L’altra, per degli stessi autori, è «calore», parametro principale per la selezione delle tracce inserite nell’album, pronto a essere presentato dal vivo anche in Italia, con due date — 15 e 16 febbraio — al Fabrique di Milano. Sperando vada tutto bene.
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