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L’Osa boccia Bogotà

L’Osa boccia BogotàControlli alla frontiera tra Venezuela e Colombia – La Presse

Venezuela Rinviata all'8 settembre la riunione di Unasur sulla crisi di frontiera

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 2 settembre 2015

La crisi tra Colombia e Venezuela arriva sul tavolo degli organismi regionali. Bogotà si è rivolta all’Organizzazione degli stati americani (Osa) per chiedere un vertice straordinario sulla chiusura della frontiera, decisa il 21 agosto da Caracas nello stato Tachira. Il Consiglio permanente dell’Osa ha però bocciato la richiesta per 18 a 17. Il Venezuela ha invece accettato di discutere la questione con l’Unione delle nazioni del sud (Unasur). L’incontro avrebbe dovuto tenersi domani in Ecuador, ma è stato rinviato all’8 settembre: a causa degli impegni internazionali della ministra degli Esteri venezuelana Delcy Rodriguez, in viaggio diplomatico in Vietnam e in Cina insieme al presidente Nicolas Maduro. «Se la riunione non si fa in settimana non vale la pena», ha però dichiarato la ministra degli Esteri colombiana, Maria Angela Holguin.
L’ambasciatore del Venezuela all’Osa ha accusato la Colombia di voler trasformare la vicenda in un «circo mediatico» per far salire la tensione. E ha aggiunto: «Speriamo che, per ragioni elettorali (il 25 ottobre si terranno le regionali, ndr,) il presidente Santos non scelga di superare l’ex presidente colombiano Alvaro Uribe in fatto di violenza verbale o di decisioni». Nei giorni scorsi, Santos ha infatti richiamato l’ambasciatore venezuelano «per consultazioni» e Maduro ha reagito nello stesso modo in base al principio di reciprocità. Uribe si è subito recato nella città di Cucuta, alla frontiera con il Tachira, e ha inscenato una virulenta manifestazione «contro la dittatura castro-madurista». Per l’occasione, Uribe – grande sponsor del paramilitarismo e nemico del processo di pace con la guerriglia marxista, in corso all’Avana – ha assunto l’insolito ruolo di difensore dei diritti umani dei colombiani irregolari, accompagnati oltrefrontiera: oltre 1.000 secondo le autorità colombiane, circa 800 secondo quelle venezuelane. Sono stati espulsi a seguito dello stato d’emergenza dichiarato dal governo venezuelano in diversi punti dello stato Tachira.
Una misura decisa per far fronte al contrabbando di prodotti sussidiati che sta dissanguando l’economia del paese. Lo stato Tachira alberga il 4,5 % della popolazione venezuelana, però «consuma» l’8,5% del totale degli alimenti del paese: praticamente la metà di quel che arriva nel Tachira se ne va in Colombia con il contrabbando, fidando anche su una vasta rete di corruzione. Un business superiore a quello del traffico di droga, che ha al centro soprattutto la benzina, venduta a un prezzo irrisorio in Venezuela. Un mercato che si alimenta con il traffico illegale di valuta. A Cucuta, cittadina colombiana di frontiera in cui risiedono 566.000 abitanti, esistono oltre 1.000 locali in cui si può cambiare denaro venezuelano e dollari ottenuti al tasso agevolato (e circa 3.000 lungo la frontiera).
A seguito dello stato d’emergenza e della drastica diminuzione dell’afflusso illegale, diversi uffici di cambio hanno chiuso. Il sito Dolar Today, gestito da banchieri venezuelani e imprenditori, fuggiti con i soldi dei contribuenti, gestisce le fluttuazioni del mercato parallelo e perturba l’economia. In questi giorni ha fatto sapere che, anche con lo stato d’eccezione, le cose non cambieranno molto, perché gran parte delle tranzazioni si svolge comunque «via telefono».
Una situazione complessa. A Cucuta, l’indice di povertà è al 33%, la disoccupazione supera il 19% e gli impieghi sono per l’80% informali. Il 72% della popolazione vive del contrabbando col Venezuela. Il governo Maduro, che si richiama al socialismo del XXI secolo, segue le orme dei precedenti governi di Hugo Chavez, basati su una decisa ridistribuzione delle risorse a favore degli strati meno favoriti. Nel paese risiedono a pieno diritto quasi 6.000 colombiani, molti dei quali fuggiti dalla miseria provocata dalle politiche neoliberiste dei loro governi, oppure dalla sanguinosa repressione che colpisce dal oltre cinquant’anni l’opposizione colombiana. E così, alla frontiera, sono in molti a innalzare cartelli per chiedere di poter rientrare in Venezuela.
E mentre la destra colombiana sbraita, diversi parlamentari di sinistra e organizzazioni popolari cercano di contrastare con cifre e dati la feroce campagna stampa contro Maduro. Ricordano i falsi positivi (gli omicidi di civili fatti passare per guerriglieri) e le costanti espulsioni di contadini. Denunciano la massiccia presenza di paramilitari alla frontiera venezuelana, inviati a fini destabilizzanti.
Com’è accaduto durante le proteste violente contro il governo, l’anno scorso, alcuni media hanno diffuso immagini provenienti dalla repressione in Guatemala come se fossero violenze contro gli espulsi colombiani. Per quelle violenze – che hanno provocato 43 morti e oltre 800 feriti -, è stato riconosciuto colpevole dalla pubblica accusa il leader oltranzista Leopoldo Lopez, ma l’esito del processo e l’eventuale entità della pena si conoscerà nei prossimi giorni.

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