«Il governo fa bene ad ascoltare tutti ma è singolare che si discuta solo dopo scelte già fatte, con il taglio al fondo per il pluralismo, la fine dei contributi diretti, etc.» . Raffaele Lorusso, segretario Fnsi, spiega al manifesto le ragioni dell’assenza del sindacato dei giornalisti agli stati generali dell’editoria.

Perché non avete partecipato in prima persona?

Non potevamo partecipare perché non possiamo legittimare un’impostazione che non condividiamo, facciamo fatica a capire quali siano i modelli di business che il sottosegretario Crimi auspica, visto che in molte di queste giornate di confronto abbiamo visto intervenire rappresentanti di aziende che non rispettano il lavoro, senza dipendenti e con zero posizioni attive all’Inpgi.

Temiamo si voglia legittimare un’informazione digitale senza regole.

Che impressione avete del dibattito dedicato ai giornalisti?

Per noi non si può prescindere dall’informazione professionale, dal lavoro regolare, dalle aziende che rispettano le norme, altrimenti si distrugge un settore già in sofferenza. Bisogna discutere sulla transizione in atto, sul ricambio generazionale nelle redazioni, sulla lotta al precariato, sulle modalità di intervento dello stato, che è necessario. Invece purtroppo ancora una volta abbiamo assistito all’ennesimo attacco alla professione giornalistica e a una resa dei conti con i suoi enti di rappresentanza.

Non a caso si sono sentite le solite critiche all’Inpgi e si è insistito a definire l’Ordine dei giornalisti un’istituzione superata.

Lo ribadisco, il senatore Crimi fa bene a consultare tutti ma deve anche rispettare gli organismi che una categoria professionale ha democraticamente eletto, non è vero che uno vale uno.

Il percorso non è finito. Proseguirà ancora a ottobre. Cosa vi aspettate?

Saremo felicissimi di essere smentiti da fatti e atti concreti. Abbiamo inserito le proposte della Fnsi nella «piattaforma» del governo.

Ne cito solo una: ci piacerebbe capire come si darà seguito alla direttiva Ue sul copyright.

Faccio un altro esempio: l’ordine dei giornalisti ha 106mila iscritti ma ben 63mila di questi non hanno posizioni Inpgi. È evidente che il lavoro non regolare nella nostra professione è un tema di prima grandezza.