L’orto che riposa nella fredda terra dell’inverno
È vero, i cambiamenti climatici hanno seppellito le grandi nevi e adesso, in questi giorni, l’emergenza è il secco che perdura e con esso l’incombere degli incendi. Eppure, anche senza […]
È vero, i cambiamenti climatici hanno seppellito le grandi nevi e adesso, in questi giorni, l’emergenza è il secco che perdura e con esso l’incombere degli incendi. Eppure, anche senza […]
È vero, i cambiamenti climatici hanno seppellito le grandi nevi e adesso, in questi giorni, l’emergenza è il secco che perdura e con esso l’incombere degli incendi. Eppure, anche senza neve non possiamo pensare di intraprendere lavori come le semine, il terreno è gelato, impensabile spostare piante, strapperemmo le radici, impossibile mettere a dimora alcunché.
Negli orti sopravvivono anzi vegetano bene le brassicacee, cavoli e verze. Col gelo le foglie del cavolo nero diventano più buone e croccanti. Troviamo pure le bietole, i cardi: se avremo avuto cura di coprirli con un grosso cartone della pizza, in settembre, si saranno imbiancati e potremo raccoglierne le foglie. E verranno quasi dolci. Nelle regioni meridionali, ma ci si può provare anche nel resto d’Italia – se lo avremo coperto con paglia o fogliame – potremo avere anche il prezzemolo. L’inverno non è la stagione dei fiori, eppure il gelsomino jasminum nudiflorum si ricopre davvero di innumerevoli piccoli fiori gialli e gli insetti laboriosi e resistenti vanno a visitarlo. L’elleboro, a ragione detto in tedesco “winter rose” (in Germania ne esistono popolazioni spontanee) rallegra l’inverno insieme ai bucaneve.
Tante, tantissime cose si possono e devono fare in primavera. Saremo tanto impegnati a sistemare bene e catalogare le sementi, rassettare nei casotti di campagna, affilare gli attrezzi, non avremo più tempo.
Un piccolo trucco per mantenere al riparo dalla ruggine gli utensili è avvolgerli in carta leggermente unta, ho provato il sistema con le mie lime e ha funzionato.
Il freddo intenso attutisce gli odori, questo è anche il momento buono per concimare. Una tradizione delle mie parti, alta Brianza – ma immagino ne esistano di equivalenti anche altrove – imponeva di concimare subito dopo la prima nevicata importante. Raccontano che un tempo si andava nei campi anche di notte. L’intelligenza contadina sapeva che una abbondante nevicata, pesando sul letame, lo addossa adagio al suolo, e in seguito lo scioglimento graduale, con il percolare dell’acqua, rende alla terra tutti gli elementi nutritivi. La chiave sta sempre nella lentezza e nella naturalezza. Con il secco, per esempio, e con la luna giusta (meglio calante), le linfe sono meno attive. Se lo si sa fare, è un ottimo momento anche ottimo anche procedere alle potature delle piante da frutta.
Potare, certo, richiede perizia ma chiunque può procedere al taglio delle branche che, crescendo, ingombreranno il passaggio magari dando fastidio ai vicini, queste sono le cosiddette potature di mantenimento e contenimento.
Falò rituali dedicati a Sant’Antonio o ad altri numi tutelari del periodo, nel comasco, la Giubiana, contrassegnano l’inverno. Queste ramaglie si potranno donare allo scopo. Sarebbe davvero ironia malvagia se, a fronte delle città che con il riscaldamento o il traffico, emettono quantità di CO2 che causano l’effetto serra, si volessero vietare questi fuochi, fuochi che riuniscono le comunità e con le varie feste accendono ed illuminano il buio delle lunghe notti d’inverno.
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