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L’oroscopo del Quirinale

L’oroscopo del QuirinaleIl presidente Giorgio Napolitano – Luigi Mistrulli - Sintesi visiva

Riforme Napolitano: nel 2014 la nuova legge elettorale partendo dalla maggioranza e modifiche alla Costituzione. Altrimenti sono pronto a dimettermi

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 dicembre 2013

L’anno che verrà dovrà essere quello buono per le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale. Parla dell’anno 2014 il presidente Giorgio Napolitano facendo gli auguri alle alta cariche dello stato. Ma lo stesso auspicio nella medesima occasione lo ha proposto l’anno scorso, quando sembrava che fosse sul punto di lasciare la carica, e due anni fa, quando affidava le sue speranze al governo Monti. E negli anni precedenti ancora, con Berlusconi a palazzo Chigi. Quest’anno però il capo dello stato decide di partire da «quel che si muove nella realtà sociale», e che evidentemente lo preoccupa. Nelle proteste di questi giorni vede il rischio di «tensioni e scosse sociali», confida in «una ripresa economica che produca più occupazione» ma immediatamente ammonisce: «Per la funzionalità del nostro sistema democratico e per il successo di ogni disegno di sviluppo economico» servono le riforme costituzionali. È per lui una «questione vitale», e sempre lì ritorna.

C’era anche Matteo Renzi nel salone dei corazzieri al Quirinale, al termine del discorso del presidente è andato via veloce. E si sa che il neo segretario del Pd sta mettendo fretta al governo e al parlamento: vuole segnare entro febbraio un punto sulla riforma elettorale, entro maggio un altro su quella costituzionale. Napolitano, da grande regista della Repubblica, piuttosto rallenta il ritmo. Non per sminuire l’urgenza delle riforme, ma per insistere sull’importanza delle modifiche costituzionali – che hanno tempi assai più lunghi – e sulla necessità di attendere le motivazioni della Consulta prima di mettere mano alla nuova legge elettorale. Sulla quale, raccomanda, bisognerà cercare l’intesa «partendo dalla maggioranza di governo». L’impostazione è affatto diversa da quella di Renzi, e tiene al centro il valore della stabilità del governo Letta. «L’Europa ci guarda», dice il presidente, e gli italiani vogliono «risposte ai loro scottanti problemi» e non «nuove elezioni anticipate dall’esito più che dubbio». Nel discorso si legge anche un prudenziale «credo».

Ma gli «auguri» di Napolitano iniziano e finiscono con due importanti dichiarazioni programmatiche. La prima è una risposta alle frequenti accuse di interventismo, che sono ormai quotidiane da parte di Forza Italia e Grillo (potrebbero incontrarsi in una richiesta di impeachment); ma le perplessità sul ruolo del presidente sono assai più diffuse (i lettori del manifesto le conoscono). Napolitano torna a citare Luigi Einaudi, il presidente che diede forma alla carica, in particolare quel libro che gli è caro (Lo scrittoio del presidente) dove Einaudi indicava ai suoi successori il dovere di non restare in silenzio quando si tratta di preservare «immuni da qualsiasi incrinatura» le facoltà previste dalla Costituzione. «Le sorti del governo poggiano soltanto sulle sue forze», dice Napolitano per allontanare l’accusa di essere il «lord protettore» di Letta. Poi però non sfugge alla tentazione di contribuire all’agenda 2014, facendo l’elenco delle riforme costituzionali necessarie, invitando Forza Italia a tenere fede alle promesse di inizio legislatura e a votarle, chiamando anche le opposizioni ora che il progetto di derogare all’articolo 138 è fallito. Il presidente non lesina neanche – in anticipo sulle motivazioni – alcune «istruzioni per l’uso» della sentenza della Consulta che ha riportato il sistema di voto a un proporzionale puro. La Corte costituzionale, garantisce, non intendeva certo esprimere la preferenza per un modello, e per questo quello nuovo dovrà adesso rispettare il «principio maggioritario», anzi persino «rafforzarlo». Cosa che la camera, informa il presidente, ha «già deciso» di voler fare.

Nel discorso c’è spazio anche per un richiamo alla necessità di riformare la giustizia, che resta generico, mentre il presidente non dimentica mai di richiamare l’emergenza carceri – Letta ha promesso per oggi almeno una parte delle misure tampone anticipate da Cancellieri due settimane fa. E il capo dello stato non lascia senza risposta le lamentazioni di Berlusconi: percorra pure la strada della revisione in Europa e in Italia delle sue condanne, vista «la riluttanza a prenderne atto», ma non si senta autorizzato a parlare di colpi di stato o «oscuri disegni» che coinvolgono il Quirinale.

Poi la conclusione, per niente conciliante, rivolta alle opposizioni che invocano le elezioni anticipate ma anche al nuovo segretario del Pd che le prevede come esito possibile. Niente affatto: se il parlamento non riuscirà a fare le riforme, prima che allo scioglimento il presidente penserebbe a dare seguito alla minaccia di aprile. Allora ai partiti che lo avevano appena rieletto spiegò di essere pronto a usare l’arma delle dimissioni. «Non mancherò – avverte adesso – di rendere nota ogni mia ulteriore valutazione della sostenibilità in termini istituzionali e personali dell’alto e gravoso incarico affidatomi». Un avvertimento: molti piani dovrebbero in quel caso cambiare. Sempre di più il presidente della Repubblica è al centro delle dinamiche politiche. Per il modo in cui svolge il mandato e persino per come potrebbe rinunciarvi.

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