L’Orco è fra noi, viaggio nell’orrore della giovane Helen e un nero supereroe
Una tavola del fumetto "La storia del topo cattivo"
Visioni

L’Orco è fra noi, viaggio nell’orrore della giovane Helen e un nero supereroe

Incontri Incontro con Bryan Talbot, il disegnatore e sceneggiatore inglese autore del fumetto «La storia del topo cattivo»
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 2 gennaio 2024

Passata la festa centenaria per il Topo buono della Disney, è il momento di celebrare un Topo cattivo: quello creato trent’anni fa dallo sceneggiatore e disegnatore britannico Bryan Talbot, fresco protagonista di una «edizione definitiva» targata Tunué. Tra i primi romanzi grafici di successo, La storia del topo cattivo è anche un piccolo fenomeno editoriale. Merito del tema urticante degli abusi sessuali sui minori, che attraverso le 144 pagine dall’autore classe 1952 di Wigan, Lancashire, ha toccato il cuore di una generazione di lettori. Un Eisner Award nel 1996 e ben 20 edizioni in tutto il mondo: questi, i numeri record di un fumetto che oggi viene utilizzato in scuole e centri per gli abusi tra Gran bretagna, Stati uniti e Germania, e che invece all’epoca del suo concepimento incontrò enormi difficoltà a trovare un editore.

Bryan Talbot

«FU DURISSIMA», ricorda Talbot che lo scorso novembre è stato anche fra i protagonisti della discussa edizione 2023 di Lucca Comics & Games. «Avevo inviato il soggetto e vari bozzetti delle illustrazioni a tutti gli editori di libri illustrati del Regno unito perché cercavo un pubblico più ampio rispetto a quello dei comic books. Era un dossier curato, 20 copie rilegate con copertina in acetato e una lettera di accompagnamento dettagliata. Metà degli interessati non si degnarono nemmeno di rispondermi. Quelli che lo fecero, rifiutarono la proposta: sospetto che avessero interrotto la lettura alla comparsa della parolaccia “fumetto” nella presentazione». Talbot, fumettista vertical, decide di ripiegare sui classici editori di comics. Ma gli Anni ’90 sono quelli delle grandi saghe super-eroistiche, bombe carta DC e Marvel come La morte di Superman o X-Men, reboot dei mutanti Marvel con 8 milioni di copie vendute. Difficile far breccia raccontando la storia di una ragazzina con il pallino di Beatrix Potter e un trauma inconfessabile alle spalle. «Nel febbraio del 1992, mi recai a una convention londinese deciso a trovare un editore. Mike Richardson di Dark Horse Comics accettò il progetto sui due piedi: un bell’atto di fede, dato che la mia storia non somigliava a nulla che Dark Horse avesse mai pubblicato». Il viaggio di Helen, sedicenne scappata di casa per sfuggire al padre orco, è frutto di quello che Talbot definisce un happy incident. «In quel periodo, stavo accarezzando l’idea di una storia sulla Regione dei laghi inglese, luogo che mi è caro. Un giorno, passeggiando nella stazione di Tottenham Court Road, a Londra, notai una homeless adolescente. Un tizio barbuto stava cercando di convincerla ad andare in un ostello, e lei sembrava in tale imbarazzo… Ripensandoci più tardi, mi venne da pensare a quello che si diceva su Beatrix Potter, che a quanto pare da adolescente era stata “di una timidezza straziante”. Cosi, quella alla stazione è diventata la prima scena del libro e da lì è nata tutta la storia».

Appena cominciò a girare la voce che facevo ricerche sull’argomento, un numero nutrito di persone che erano state vittime di violenze si fece avanti per confidarmi il loro segreto

ALL’INIZIO, l’idea degli abusi subiti in famiglia era semplicemente una buona scusa per convincere la protagonista a sfuggire a una vita ingrata. «Ma non sapendo nulla sull’argomento e cominciando a documentarmi tra librerie e biblioteche, mi resi conto che il tema degli abusi era troppo grosso per essere ridotto a uno spunto narrativo. Doveva essere ciò di cui parlava il libro». Quella che all’inizio sembra solo la canonica fase di documentazione che precede la lavorazione del volume ben presto prende una piega inattesa. «Appena cominciò a girare la voce che facevo ricerche sull’argomento, un numero sorprendentemente nutrito di persone che avevano subito abusi si fecero avanti per confidarmi il loro segreto, da amici che conosco da anni a perfetti sconosciuti incontrati alle convention. Erano tutti entusiasti che il “Topo” fosse in lavorazione, perché all’epoca l’argomento era quasi tabù e molte vittime di abusi avevano vissuto queste drammatiche esperienze in solitudine, senza mai condividerle per la paura di non essere presi sul serio». Quest’esigenza di realismo si riflette anche nello stile di disegno di un virtuoso del fantasy come Talbot. «Per facilitare la lettura a chi non aveva dimestichezza con i comics ho scelto una linea chiara ben leggibile, utilizzando amici e conoscenti come modelli e ambientando la maggior parte degli eventi in luoghi reali». Il resto è storia: una storia struggente, lineare e suggestiva, adatta a tutti i lettori dai 13 anni in su, che a 30 anni dalla prima pubblicazione mantiene perfettamente integro tutto il suo potenziale anche al netto di numerosi extra, dall’introduzione dello sceneggiatore e scrittore Neil Gaiman, ai dietro le quinte firmati da Talbot stesso, fino alla postfazione della giornalista specializzata in tematiche femministe Jennifer Guerra.

UNA RISTAMPA che fa venire voglia di riprendere il viaggio sulle orme di una topina in fuga dagli squat londinesi fino agli scenari bucolici di Hill Top, storica residenza della leggendaria autrice di La storia di Peter Coniglio. Chissà, forse anche oltre: «Tempo fa avevo cominciato a pensare a un sequel ambientato vent’anni dopo la fine dell’originale, con Helen ormai diventata una scrittrice per bambini trentaseienne che fa amicizia con un’altra giovane senzatetto. Ho accumulato una pila di appunti sul tema, prima di dirmi che forse era meglio fermarsi lì». Chissà che prima o poi non ci ripensi: tra i fumetti, le storie di roditori persi in un mondo più grande di loro portano fortuna.

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