L’on the road di Amanda sulla strada dell’adolescenza
Al cinema «Mi chiedo quando ti mancherò» il nuovo film di Francesco Fei, un romanzo di formazione col gusto dell’avventura. Una ragazzina bullizzata perché grassa, il circo, l’amica immaginaria
Al cinema «Mi chiedo quando ti mancherò» il nuovo film di Francesco Fei, un romanzo di formazione col gusto dell’avventura. Una ragazzina bullizzata perché grassa, il circo, l’amica immaginaria
In sala da oggi c’è uno di quei film che vanno cercati con cura, planato sullo schermo dopo un’attesa di mesi, una scommessa che il suo autore, Francesco Fei, non ha mai messo da parte nonostante la condizione pandemica avversa. Del resto l’ostinazione ne è un po’ una caratteristica: l’ispirazione è un romanzo, Wonder When You’ll Miss Me di Amanda Davis che aveva conquistato il regista appena letto, poi scrittura e i tempi lunghi come spesso capita alle produzioni indipendenti e a chi segue l’ispirazione del desiderio e non vuole lasciarla da parte. Altri film, documentari come La Regina di Casetta, il ritratto di una ragazzina che vive in un paese di dieci abitanti sull’Appennino tosco-emiliano.
OPERA seconda dopo Onde (2005) di Fei, autore anche della sceneggiatura insieme a Chiara Barzini e a Luca Infascelli – Mi chiedo quando ti mancherò segue i passi di un’adolescente (Beatrice Grannò vista già in diverse serie italiane compreso il grande successo Doc – Tra le tue mani), con il respiro di un romanzo di formazione avventuroso e fiabesco che tocca le corde di qualsiasi età. Quello di cui si parla è infatti la battaglia che si fa per accettarsi nelle relazioni tra sé stessi e il mondo, col proprio corpo, con la propria immagine, con un modo di essere; di come si sentono addosso gli sguardi altrui, di quali prende nella propria testa la realtà, di ansia, paura, tristezza, solitudine, passaggi che da adolescenti diventano assoluto ma che rimangono sempre da qualche parte, forse appena più segreti, nella vita. Tutto questo con leggerezza, e toni scanzonati, in un equilibrio che tiene insieme le emozioni senza strafare, senza volere dimostrare nulla – un punto di vista prezioso specie oggi che nel confronto con certi temi l’esigenza dogmatica sembra prevalere sulla libertà formale e sulle invenzioni.
Amanda ha sedici anni, a scuola per tutti è «Flaccida», bullizzata da compagne bionde (e tutte uguali) e compagni stronzetti, compreso quello che lei ama disperatamente. Nessuno la invita alle feste, nella sua stanzetta da bambina scrive sul diario rosa: «Vorrei essere magra e figa». All’ennesima violenza spacciata per un gesto di improvvisa attenzione – con video girato in modo da umiliarla ancora di più – inghiotte un piattino di pillole. Ma noi a quel punto l’abbiamo già conosciuta, in fuga insieme a un’altra ragazza, «Cicciona» che si prende cura di lei(Claudia Marsicano): ironica e spavalda le consiglia come difendersi e non farsi ingannare dal mondo senza preoccupazioni di dieta, grassezza, sicura di sé. «Se sei grassa lo sei per sempre» dice a Amanda addentando un dolce. Lei, Amanda, si è dimagrita, e a chi incontra si presenta come Annabella. L’amica immaginaria è sempre lì, però c’è anche un nuovo mondo, un circo stravagante e fuori del comune a cui si unisce: nuovi amici, una ragazza un poco più grande di lei che le regala un magnifico vestito, un amore, forse una nuova sé stessa.
NEL VIAGGIO accadono molte cose, il circo è un altrove, si passa da un Paese all’altro, si attraversa il mare, si scoprono possibilità. «Buttati» dice il ragazzo a Annabella che dal tuffo nel profondo del blu marino riemerge e ritrova Amanda – e il gusto di addentare un panino dopo tante turbe alimentari. In questo spazio fantastico Fei riesce a mettere in scena quanto è al centro della realtà: bodyshaming, problemi di ogni tipo delle ragazze e dei ragazzi a cominciare da quella ricerca di sé, faticosa e difficile: un lungo on the road del cuore come quello di Amanda/Annabella da cui gli adulti sono tagliati fuori – presenze appena sfocate come la madre o il preside. E poco importa se quanto accade è un sogno, se siamo nella testa della ragazza, nelle sue memorie o nel futuro: lasciandosi andare a una narrazione frammentata, Fei rimane sempre accanto ai suoi personaggi, e entra delicatamente con il cinema (e con l’immaginario) tra i loro sentimenti che sono sempre «veri», lasciandoli liberi in un orizzonte aperto come è la vita.
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