Cultura

L’omicidio di un imprenditore fra elezioni, podcast e conflitti sociali

L’omicidio di un imprenditore fra elezioni, podcast e conflitti socialiMichele Turazzi

Narrativa italiana L’esordio di Michele Turazzi «Prima della rivolta», edito da Nottetempo

Pubblicato più di un anno faEdizione del 6 giugno 2023

È il 2045 e le nostre paure si sono avverate: l’Adriatico si è mangiato la costa orientale e la Pianura Padana ha un clima tropicale. L’uomo reagisce al suo solito: i forti (ricchi) vincono sui deboli (poveri) trasferendosi sulle Alpi. Michele Turazzi ambienta il suo esordio, Prima della rivolta (Nottetempo, pp. 544, euro 19,50), tra le strade di Milano: saliamo in alto solo quando entriamo negli spazi delle élite, come nell’appartamento del ricchissimo Renato Valsecchi, all’ultimo piano della Torre Velasca.

LA MILANO DEL FUTURO è un paradiso solo per chi vive nell’isolata cerchia interna; tutto intorno, grattacieli e slum. Come alla periferia est, dove alla Solar Wave, l’impianto solare di Valsecchi che fornisce elettricità alla città, si affianca la miseria del campo di Portello, che raccoglie i disperati che sognano il permesso d’ingresso in città. È una Milano spaccata socialmente, economicamente e politicamente: la Digos sostituisce una politica incapace, l’unica Chiesa (dell’Apocalisse) predica di non figliare e i cittadini si dividono tra Lealisti fedeli allo status quo e Antagonisti, che anni prima avevano tentato di cambiare le cose. A catalizzare l’attenzione di noi lettori è l’omicidio di Valsecchi, stereotipo dell’imprenditore filantropo milanese.

LA QUESTURA RICHIAMA per le indagini il commissario capo Alberto De Santa, confinato in Cadore per il supporto agli Antagonisti, tanto brillante quanto allergico alle regole: vive al Casoretto, in periferia, ed è amico fraterno del leader degli Antagonisti, Salim Barthez. Il tempo delle indagini coincide con i giorni che precedono le elezioni: un tempo sospeso, in cui avvertiamo che qualcosa sta per accadere alimentando tensioni tra Lealisti e Antagonisti. A farne le spese sono, come sempre, i più miserabili e indifesi, che non possono esporsi o che si lasciano usare per non perdere la minima sicurezza che gli viene concessa. Come Milan Vrsaljko, il giovane che a inizio libro sta per partire per la città che porta il suo nome: a Milano spera di riscattarsi lavorando onestamente e non perde la fiducia in questo obiettivo nonostante si ritrovi in una vicenda più grande di lui. De Santa chiude le indagini nel giorno delle elezioni: la vicenda di Valsecchi rivela la miseria umana di un uomo che, nonostante la fama di integerrimo, ha ingannato e usato una donna, Marina Ascani.

IN CITTÀ NON SI SCATENA l’Apocalisse ma una rivolta degli Antagonisti, che si impossessano del potere. Nel finale agrodolce Turazzi tira fuori il meglio dai suoi personaggi, figure a tutto tondo, e rivela che la realtà – anche se nuovamente plasmabile – non ha un lieto fine. De Santa abbandona Milano – anche se ne incarna la restaurata funzione civile – per affrontare il suo rimorso più grande, che lo richiama dal passato, e Milan ha una casa con la fidanzata ma deve affidarsi a un nuovo padrone, in un’altra storia di padroni e schiavi. Le uniche speranze sono nelle parole di Barthez che, dopo il sacrificio in nome dell’ideale politico, diventano un podcast: «Il socialismo è l’unico sistema adeguato al nostro mondo. Regolare la produzione significa dare al nostro pianeta qualche altro anno prima del collasso. Se poi permettiamo a tutti gli esseri umani di vivere una vita dignitosa, avremo raggiunto il nostro obiettivo».

A TURAZZI IL MERITO di aver scritto un libro che ci obbliga a fare i conti con le nostre responsabilità: il mondo in cui viviamo è già cambiato in peggio, climaticamente e socialmente, ed è inutile illudersi che qualcuno ci possa salvare. L’unico modo per provare a non accelerare del tutto l’estinzione sta nelle nostre scelte e nelle nostre azioni.

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